Poverino, non è bravo, facciamolo vincere
L’altra sera a cena un vecchio amico mi dice “Ma perché non scrivi un pezzo teatrale o un libretto su queste cose che racconti? Sono assurde e divertenti”. Si parlava di università italiana e concorsi.
Per esempio di quella volta che di un candidato scarso, ma designato vincitore, i commissari dicevano “deve vincere, poverino, è orfano”. Di un prossimo vincitore i professori dicono invece ”Ha fatto molta didattica, anche se non sa insegnare e dice delle bestialità agli studenti”. O di quell’altra volta che il presidente di una commissione mi disse qualche giorno prima di un concorso: “Tu sei bravo, puoi vincere da solo. Lui non è bravo, quindi dobbiamo farlo vincere noi”. Alla mia risposta “Ma così date un posto e uno stipendio a uno che non è bravo e a uno bravo gli impedite di lavorare”: “Va be’, ma altrimenti lui che lavoro fa? Tu puoi farne anche altri”.
Poi di quella volta che mandai una email al presidente della commissione per inviare la lista dei titoli e da quello stesso account di posta mi rispose non il professore, ma l’allievo che doveva vincere il concorso (e lo vinse) dicendomi “complimenti per il curriculum. Buona fortuna”. Di quella volta che andai dal preside di facoltà, dopo aver subito una sorta di intimidazione preconcorsuale da un professore, dicendo “Io non voglio rompere i coglioni, ma voi non rompeteli a me”. E mi fu risposto “Qual è il minchione che l’ha disturbata, il minchione maestro o il minchione allievo?”. O di quell’altra volta che un professore che mi detestava da anni, preoccupato perché pensava che stessi per fare ricorso ad un concorso che lo riguardava indirettamente, mi incrociò per caso in un giardino dell’università e mi disse ex abrupto: ” Dottor Briguglia! Lei non sa quanto io la stimi!”. “Professore, invece la sua stima nei miei confronti è universalmente nota”.”Non dica così!”. “Non lo dica lei”. E andammo avanti così per mezz’ora, come Totò e Peppino, senza mai arrivare al punto… “Veda dottore, io sono preoccupato”. “E io me ne dispiaccio”. “La forma è importante”. “Anche la sostanza”…
Però in effetti forse ha ragione lui, un monologo alla Paolini ci starebbe.