Italiani, dei quali (quorum) 3 per cento all’estero
Si scopre che c’è circa un tre per cento di italiani che ha votato all’estero. Ma sono potenzialmente di più, perché moltissimi si dimenticano negligentemente di segnalare per tempo la propria posizione (per esempio il sottoscritto).
Questi italiani hanno già votato da un pezzo, circa un mese, e il loro voto è già a Roma. Però hanno votato con la scheda vecchia, con i codicilli diversi. E quindi il loro voto è un po’ sospeso. Allora tutti a fare i calcoli. Come si arriva al quorum davvero senza di loro? Senza rischiare? Dobbiamo arrivare al 53 per cento? Al 54 per cento?
Beh, è la solita storia. Celli che in sintesi diceva al figlio “vai via perché il paese va a picco (però lo so che resti perché sei generoso e non la dai vinta)” e Napolitano che diceva “no, resta, perché il paese ha bisogno di te. Fai crescere il paese”. Come se una volta varcati i confini nazionali si smettesse di essere italiani e di guardare al paese, come nell’Ottocento, come se si uscisse dalle frontiere per ingratitudine, per sfiga o per piagnisteo, non per percorsi e scelte, anche casuali, anche provvisori e reversibili (perché molti torneranno), come se si fosse incapaci di contribuire alla crescita complessiva della nazione.
E allora siamo alle solite. Cerchiamo di arrivare al quorum con un 3 per cento in più, così il voto degli italiani che votano all’estero diventa ininfluente, lo possono anche annullare, tanto loro sono fuori, sono all’estero.