Il nobile e l’ignobile

Schematizzando.

Ci sono due ragioni per cui, di fronte alle guerre e alle tragedie della storia, il primo istinto di una parte consistente dell’opinione pubblica occidentale è prendersela con l’Occidente: la prima è nobile, la seconda è ignobile.

La ragione nobile ha la sua origine nel rifiuto della somiglianza. La familiarità ci riguarda più dell’estraneità perché ci si sente più responsabili per le mancanze di parenti e amici che per i delitti di chi non conosciamo. Se ad agire male sono quelli a cui sentiamo di appartenere e assomigliare ci sentiamo colpevoli e reagiamo accusandoli. È a causa di questo istinto, che coincide con il senso di comunità, se le ipocrisie, le convenienze, le prepotenze dell’Unione europea, degli USA e della NATO possono apparire più riprovevoli di quelle di un qualsiasi dittatore sparso per il mondo: ci riguardano e ci assomigliano di più, quindi ci scandalizzano di più.

La ragione ignobile ha la sua origine nell’accettazione della differenza. Si deve, cioè, a un istinto colonialista e razzista, ma inconfessato, inconfessabile e inconsapevole, che fa di tutto per sembrare il suo opposto. Chi reagisce accusando l’Occidente di ogni male che accade nel mondo, in fondo in fondo pensa che tutti gli altri non siano pienamente responsabili delle proprie azioni, come i selvaggi che sono innocenti per definizione.

L’idea, paradossale e paternalistica, su cui si basa questo istinto anti occidentale, in apparenza solidale con i popoli oppressi, è che in fondo soltanto noi occidentali abbiamo la responsabilità di migliorare il mondo, mentre altrove, in mancanza di civiltà, l’innocenza e l’ignoranza sono così forti che non esiste vera differenza tra buono e cattivo, dittatore e suddito, tra invasore e invaso.

È un pensiero che è spesso sostenuto da chi, almeno a parole, si vanta e crede sinceramente di essere l’unico amico delle altre culture, mentre in segreto, per lui, questo sentimento di amicizia è la prova definitiva di una superiorità morale e culturale. Il mito del buon selvaggio sopravvive in clandestinità prendendo altre forme – quella del mondo contadino rovinato dal consumismo, dell’armonia spazzata via dallo stress, dell’uguaglianza uccisa competizione – ma continua a fondarsi sull’idea che i poveri siano comunque più innocenti dei ricchi perché le loro colpe eventuali vanno ridistribuite con i privilegiati che li hanno ridotti così.

Ed è vero che meno cose e cultura hai avuto, più la tua responsabilità andrebbe ridistribuita. Ma questo pensiero nobile si ribalta nel suo contrario – nell’ignobile e falso – perché ignora la dignità di chi pretende di difendere. Ignora che spogliare un uomo della propria responsabilità significa spogliarlo della possibilità di capire e decidere, della libertà di essere buono o cattivo. Anche i poveri, gli sfruttatori, i dittatori e gli sfruttati – chiunque – dall’inizio della storia possono essere giusti o ingiusti, scegliere se comportarsi bene o male, se aggredire o non farlo, perché l’unico atto di fede imposto a chi sta con la democrazia è che tutti gli uomini siano uguali, cioè liberi, pur nell’ineguaglianza materiale. La storia non è una responsabilità e un prodotto dell’Occidente a cui gli altri partecipano come comparse, è una questione di cui portano il peso tutti gli esseri umani.

Giacomo Papi

Giacomo Papi è nato a Milano nel 1968. Il suo ultimo romanzo si intitola Happydemia, quello precedente Il censimento dei radical chic. Qui la lista dei suoi articoli sui libri e sull’editoria.