Nessuno si aspetta l’Inquisizione spagnola
Roghi di pasta, falsi ideologici e stupidità collettiva
La settimana scorsa abbiamo pubbicato una vignetta su Maometto ed eravamo un po’ preoccupati per le possibili reazioni. Ci eravamo comunque premurati di non fare alcunché di offensivo, evitando di mostrare il volto del Profeta: ed è filata liscissima. La settimana prima avevamo mostrato Mussolini appeso e qualche fremito d’inquietudine — conoscendo la suscettibilità di alcuni sostenitori del Duce — ci era venuto. Invece tutto bene. Mesi fa abbiamo rappresentato la svolta bipapista della Chiesa cattolica come un bizzarro paradosso uscito dalle pagine di Alice nel paese delle meraviglie, e ancora una volta nessuna reazione sopra le righe. Evidentemente tendiamo sempre a immaginare che gli altri siano più intolleranti di quanto siano in realtà.
Poi abbiamo bruciato una confezione di pasta.
E abbiamo imparato una cosa: scherza con i santi, ma ricorda che sei in Italia e quindi METTI SUBITO GIÙ QUELLE PENNE RIGATE. Nelle nostre intenzioni, si trattava di una parodia delle gallerie fotografiche di Repubblica. Il nesso logico tra azione e significato politico era piuttosto assurdo: “Combatti l’omofobia! Brucia anche tu una confezione di pasta e mandaci la foto!” L’effetto comico doveva sorgere dalla sproporzione evidente tra la piccolezza dell’argomento, la trascurabile gaffe di un personaggio pubblico, e l’enormità della reazione che proponevamo: un rogo in effigie! Inoltre il titolo del post faceva riferimento a un noto cerimoniale dell’Inquisizione spagnola, l’autodafé. Qualche lettore avrebbe addirittura potuto rimproverarci per la severità della metafora: davvero le campagne d’indignazione civile sono una forma d’Inquisizione? Crediamo sul serio, come i berlusconiani, che la sinistra italiana sia una compagine di talebani? E infine: scegliendo di criticare chi critica l’omofobia, la nostra parodia non rischiava di fare il gioco degli omofobi? Preoccupazioni inutili, perché la parodia è stata semplicemente presa sul serio.
L’immagine ha iniziato a circolare su facebook, suscitando vera indignazione. Un flame, come si dice in gergo. Insomma, ironia nell’ironia, un autodafé dell’autodafé.
C’è chi si è indignato per lo spreco di cibo, con la gente che fa la fila alla Caritas e un piatto di pasta non può permetterselo.
C’è chi si è indignato per il bell’esempio di tolleranza gay.
C’è chi si è indignato perché l’omofobia non si combatte così.
C’è chi si è indignato perché è un comportamento infame tipico di un certo mondo radical chic.
C’è chi si è indignato perché con tutti i problemi che ci sono in Italia!
Uno ci ha paragonati a blatte o topi di fogna, un altro a un dirigente del PD. Uno ci ha invitati ad assumere la pasta per via rettale, un altro a dare fuoco a noi stessi. Molti ci hanno fatto notare che è stupido boicottare una marca comprando il loro prodotto per poi distruggerlo, e questo ci ha fatto riflettere. Grazie, davvero.
In generale, la nostra finta campagna piromane è stata presa sul serio solo ed esclusivamente da coloro che consideravano che si trattasse di una reazione sbagliata. Nessuno, vedendo la foto, ha pensato di approvare o emulare il gesto. Nessuno (o quasi) è così stupido da bruciare una scatola di pasta per lanciare un messaggio contro l’omofobia, e questo è rassicurante. Il gesto stesso di dare fuoco a qualcosa è universalmente percepito come violento, eccessivo, e ciò persino quando a bruciare non è un libro o una bandiera, ma… una scatola di pasta, ovvero uno scarto che verrà comunque distrutto. Misterioso potere simbolico del fuoco. Insomma quella campagna piromane non era credibile in sé, e noi non volevamo che lo fosse. Eppure molti hanno creduto che fosse credibile. E questo è meno rassicurante.
Si tratta di un fenomeno interessante, che ricorda altri casi simili. Ad esempio, è raro che la gente crocifigga dei gattini, eppure molta gente può essere portata a credere che altra gente crocifigga gattini. Basta un fotomontaggio — un fake — che circola su Internet (o, in altri tempi, una leggenda nera) per convincere migliaia o milioni di persone che i loro nemici sono mostri, pazzi, depravati o cannibali. Basta una bandiera che brucia durante una manifestazione per oscurare tutto ciò che la circonda. Più spesso ancora basta un malinteso involontario: una metafora fuori contesto o uno scherzo sfuggito dal laboratorio, come nel nostro caso. E la velocità alla quale circola l’informazione è direttamente proporzionale alla sua efficacia nel corroborare i pregiudizi. Sfortunatamente, questo implica che l’informazione semplice circoli necessariamente più rapidamente di quella complessa, e quella falsa più rapidamente di quella vera. Inoltre, poiché tutto accade in quelle che David Weinberger chiama “camere dell’eco”, la singola rappresentazione di un certo fatto (pacco di pasta bruciata) può riverberarsi e replicarsi al punto di dare l’illusione che esista una collezione di fatti simili (pacchi di pasta bruciata), dai quali sia poi possibile per induzione formulare una teoria generale (“i gay sono intolleranti”). A lungo termine la moneta cattiva scaccia quella buona, e Internet accelera in maniera esponenziale questo processo spontaneo di falsificazione della realtà.
Non era nostra intenzione produrre un fake. In effetti quella scatola l’abbiamo bruciata davvero. Ma, come noto, nel mondo realmente rovesciato il vero è un momento del falso. L’ambiguità della fotografia sta tutta nella sua interpretazione. Vedendola, molti hanno immaginato di vedere cose che nella fotografia non apparivano: che la scatola fosse piena di pasta, che si trattasse di un sincero gesto di protesta, che l’immagine stesse circolando e facendo emuli, che gli autori fossero omosessuali o di sinistra, e addirittura che quel gesto fosse paradigmatico del comportamento di tutti gli omosessuali o di tutta la sinistra.
Non c’è limite al delirio. C’è chi giura di avere visto “gente pubblicare video in cui getta la pasta nell’immondizia, brucia cumuli di pasta con la benzina o defeca e fa pipi su questa stessa”. Gli amministratori della pagina facebook “Cercasi Persone Per Fare La Rivoluzione” invitano la sinistra a sbarazzarsi al più presto dai radical chic che bruciano la pasta. Insomma Nanni e Ventura sono dei troll, o peggio degli agenti provocatori sotto falsa bandiera? Assolutamente no. Noi non abbiamo ingannato nessuno: vi siete ingannati da soli, perché avevate bisogno di credere nell’esistenza di una lobby di gay invasati bruciatori di pasta. Voi avete creato una falsa notizia, sovrapponendo le vostre ossessioni a una semplice fotografia, e poi l’avete diffusa.
Noi ci limitiamo a dimostrare, prove alla mano, che NO PASTA WAS HARMED IN THE MAKING OF THIS PHOTO. Prima di bruciare la confezione abbiamo salvato la pasta…
… E poi ce se la siamo mangiata. Tipico di noi intellettuali impegnati, incapaci di essere coerenti per più di venti minuti — soprattutto all’ora di cena.
Può darsi che il nostro gesto non sia stato particolarmente intelligente, o comunque non più intelligente del gesto che volevamo simulare. A ben pensarci, bruciare ironicamente una scatola di pasta per criticare il conformismo di sinistra non è molto diverso da bruciarla seriamente per difendere i diritti umani. Però vedete: il fatto che ci siano due scemi su Internet non dovrebbe influenzare così tanto la vostra visione del mondo. È probabile che di scemi ne troverete altri. Ignorateli. Il mondo è un po’ migliore di come lo immaginate.
In tutta questa faccenda siamo dispiaciuti solo per una cosa.
Per il povero gattino randagio che abbiamo chiuso nella scatola prima di darle fuoco.
Nanni e Ventura