Grecia contro FMI, FMI contro UE, UE contro Grexit
I funzionari dell’Eurozona, gli ufficiali del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e il ministro greco delle finanze, Euclid Tsakalotos, si sono incontrati il 10 febbraio scorso per cercare di risolvere alcuni nuovi problemi emersi sul programma di salvataggio della Grecia, dopo la decisione dei creditori di richiedere al governo greco nuovi tagli pari a 3,6 miliardi di euro entro il 2018. Da parte sua il governo greco è invece preoccupato per la situazione fiscale che si potrebbe creare nel Paese una volta concluso il programma di salvataggio che si dovrebbe chiudere nel 2018: i creditori vogliono che la Grecia, prima di ripagare le obbligazioni di debito, raggiunga un avanzo primario del 3,5 per cento del PIL. Le stime del FMI prospettano però che nel 2018 l‘avanzo primario della Grecia arriverà soltanto all’1,5 per cento del PIL: per questo la sostenibilità del debito greco è di nuovo a rischio.
Alcuni funzionari citati da Euractiv sostengono che se le parti non troveranno un accordo entro la metà di febbraio la Grecia rischia il default entro l’estate. Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, sostiene che questa ipotesi è da ritenersi esagerata. Nel 2016 il debito pubblico della Grecia ha raggiunto il 181,6 per cento del PIL e secondo le stime della Commissione europea dovrebbe scendere al 172,4 per cento del PIL nel 2018. A oggi il governo greco è in attesa di ricevere dai creditori una tranche di 6,1 miliardi di euro in cambio di una serie di riforme concordate, per un piano di salvataggio complessivo di 86 miliardi di euro. Politico scrive che i ministri delle finanze dei Paesi europei vogliono evitare un’altro “dramma” greco. L’obiettivo concordato tra i funzionari europei e i rappresentanti del governo greco è di far tornare la Grecia sul mercato dei capitali nella seconda metà del 2018, in modo che il Paese possa ricominciare a vendere il proprio debito pubblico a nuovi investitori. Per poter ottenere questo risultato il governo greco ha avviato una serie di riforme per rafforzare la governance delle banche e ha iniziato a fare alcune modifiche al sistema pensionistico. I contrasti nei negoziati in corso riguardano principalmente la volontà del governo greco di reintrodurre la contrattazione collettiva nel mercato del lavoro e una serie di privatizzazioni da fare nel settore energetico.
Il Fondo Monetario Internazionale è contrario a queste proposte e ha minacciato in diverse occasioni di ritirarsi dal piano di salvataggio, a patto che la Grecia faccia di più sulla riduzione del proprio debito: da questo punto di vista non potranno esserci margini per una crescita dell’economia del Paese, se non a fronte di un abbattimento della montagna del debito. I creditori di alcuni Paesi membri dell’Unione Europea sono contrari a questa visione e puntano i piedi. D’altra parte, se il Fondo Monetario Internazionale dovesse farsi indietro potrebbe venir meno anche l’appoggio al piano di alcuni dei Paesi creditori più importanti come la Germania e i Paesi Bassi e i rispettivi parlamenti potrebbero votare contro la possibilità di nuovi esborsi. Nelle ultime settimane ci sarebbero stati dei contrasti tra i rappresentanti del FMI con quelli del Fondo salva-Stati (il fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro): Klaus Regling ha definito la posizione del FMI «insostenibile», mentre altri funzionari addirittura «inappropriata». Secondo i funzionari le analisi del FMI sono sbagliate in quanto non terrebbero conto dei prestiti a lungo termine del Fondo salva-Stati, che hanno dei tassi d’interesse bassi e dunque sostenibili per il governo greco. Christine Lagarde, direttore del FMI, ha sottolineato che la sua organizzazione fa semplicemente la parte di chi deve dire le cose come stanno. Inoltre, Lagarde sostiene che l’avanzo di bilancio di 3,5 punti del PIL entro il 2018 prospettato ai creditori è troppo ambizioso ed è convinta che il governo greco debba programmare ulteriori tagli ai sussidi pensionistici, anche dopo che il piano di salvataggio si sarà concluso. Su questo ultimo punto il governo greco è assolutamente contrario.
Georgios Katrougkalos, viceministro degli Interni, ha definito le richieste fatte dal FMI alla Grecia “irresponsabili”, soprattutto riguardo a certe questioni che erano state considerate chiuse come quella sulla revisione del sistema delle pensioni, e ha aggiunto che se non fosse stato per la posizione del FMI la Grecia avrebbe già trovato un accordo con i diversi partner europei. La maggior parte dei Paesi UE sono contrari alle posizioni del Fondo Monetario Internazionale e starebbero cercando un compromesso per portare avanti la trattativa sulla questione relativa al mantenimento dell’avanzo di bilancio del 3,5 per cento del PIL. La soluzione auspicata dal governo greco, e da alcuni Paesi della zona Euro, è di trovare un accordo entro il 20 febbraio in modo che il Parlamento olandese possa approvare internamente l’accordo, prima delle elezioni politiche del 15 marzo prossimo. Inoltre, bisogna considerare anche i debiti che la Grecia deve saldare ad aprile alla Banca Centrale Europea (BCE) pari a 1,4 miliardi di euro: un nuovo accordo per eventuali nuovi prestiti potrebbero coprire parte di questa spesa, anche se Georgios Katrougalos ha detto che anche nel caso in cui non si dovesse trovare un accordo la Grecia sarà in grado di pagare la rata da sola, anche se un ulteriore accumulo di debito (e relativi interessi) potrebbe far lievitare amcora di più la rata da saldare a luglio, pari a circa 13 miliardi di euro.