Il Nobel alle rane

L’intervento di Paul Krugman tradotto ieri dal Sole 24 Ore, dedicato agli studi dei tre freschi vincitori del Nobel per l’economia (Peter Diamond, Dale Mortensen e Christopher Pissarides) mi ha fatto tornare indietro con la mente di alcuni anni. In particolare a quelli immediatamente successivi alla caduta del muro di Berlino quando cominciarono a spuntare come funghi libri dedicati alla fine di qualcosa. Cominciò Francis Fukuyama con il suo celebre La fine della storia, cui seguirono La fine del lavoro di Jeremy Rifkin, La fine della scienza di John Horgan, La fine della filosofia di Isaiah Berlin e quant’altro (per scherzare un po’ con il buon Civati).
Non poteva mancare, naturalmente, La fine dell’economia, scritto da Paul Ormerod, a lungo direttore della sezione economica dell’Economist. Nel suo libro, tradotto in italiano (per le edizioni Comunità) con un titolo più “istituzionale” quale I limiti della scienza economica, Ormerod puntava il dito contro certe teorie economiche intrappolate in una visione del mondo meccanicistica, quindi incapaci di comprendere la realtà. E per rendere più convincente la sua tesi ricorreva a un paragone decisamente efficace.

«Molti economisti teorici di oggi ricordano il protagonista di una commedia scritta nel 1676 da Shadwell, nel periodo della restaurazione, intitolato Il Virtuoso. Il Virtuoso, un eminente teorico di tutto ciò che esiste, è considerato per esempio, il più grande nuotatore del mondo. Ma in pratica non si immerge mai nell’acqua. Se ne sta semplicemente sdraiato su una tavola e imita alla perfezione i movimenti di una rana appesa ad un filo davanti a lui. Bisogna riconoscere che perlomeno il Virtuoso, osservando la rana, ha il merito di permettere alla realtà empirica di toccarlo in qualche misura. La scienza economica ortodossa contemporanea è separata dalla realtà».

Gli economisti vincitori lunedì del premio Nobel per le loro ricerche sul mercato del lavoro sono l’esatto contrario del “Virtuoso” perché hanno provato a mettere le mani in pasta a uno dei problemi più annosi e concreti di sempre qual è la lotta alla disoccupazione. Krugman, lodando l’impegno dei suoi nuovi “colleghi” ci ha tenuto inoltre a sottolineare che il lavoro di uno dei tre, Peter Diamond, spicca anche per la sua eccezionale eleganza. «Nessuno», ha concluso Krugman, «sa analizzare le complessità con grazia equiparabile alla sua. Oggi è un giorno di festa per la teoria economica».
E così la rana si trasformò in principe.

Francesco Maggio

Economista e giornalista, già ricercatore a Nomisma e a lungo collaboratore de Il Sole24Ore, da molti anni si occupa dei rapporti tra etica, economia e società civile. Tra i suoi libri: I soldi buoni, Nonprofit (con G.P. Barbetta), Economia inceppata, La bella economia, Bluff economy. Email: f.maggio.fm@gmail.com