Montezemolo si spieghi
Che certi esponenti della Lega vadano spesso a ruota libera con le parole non è una novità. E che siano ingiustificabili con certe loro “provocazioni”, per esempio contro il Tricolore e l’unità nazionale, è altrettanto risaputo. La replica di Bossi ad Emma Marcegaglia non sorprende, quindi, più di tanto.
Sentitosi chiamato in causa dalla presidente di Confindustria che sabato, a Genova, aveva tuonato contro l’Esecutivo («Il Governo deve andare avanti, deve governare, ma sappia che tutto il mondo delle imprese e i cittadini stanno esaurendo la pazienza»), il leader della Lega, a stretto giro di posta, aveva replicato: «È facile parlare in questo che è un Paese dove molti parlano e pochi sanno cosa fare».
Premesso che non ritengo che la Marcegaglia abbia sufficiente autorevolezza per poter muovere rilievi al Governo perché, fino a pochi giorni fa, è stata semplicemente acritica nei suoi confronti e appiattita su quasi tutte le sue posizioni, salvo ripetere a ogni piè sospinto «ora avanti con le riforme», non c’è dubbio che la misura sia ormai colma e la pazienza agli sgoccioli. E ha fatto bene la fondazione Italia Futura, riconducibile direttamente a Luca Cordero di Montezemolo, a controbattere a Bossi con un intervento dal titolo inequivocabile: “I fatti di chi produce e le parole (e gli insulti) di chi ha fallito”.
Al che, come era facile immaginare, è subito ripartito il tormentone su Montezemolo che vuole impegnarsi in politica. Un tormentone che va avanti da tempo, che gli stessi “amici” di Montezemolo, come Luigi Abete, gli sconsigliano di alimentare – peraltro con argomentazioni piuttosto fragili – ma che in realtà è un falso problema. Già, perché fare politica, prima ancora che candidarsi alle elezioni, vuol dire occuparsi della cosa pubblica, del bene comune, dell’interesse generale.
Bill Gates e Warren Buffet che, dall’estate scorsa, stanno girando in lungo e in largo gli Stati Uniti (e non solo) per convincere i loro “colleghi” miliardari a donare almeno la metà del proprio patrimonio in beneficenza fanno politica oppure no? Evidentemente si, visto che i soldi che così si renderanno disponibili andranno a sostenere il sistema di welfare americano (e non solo). Eppure nessuno ha evinto da questa iniziativa una loro intenzione di voler correre per la Casa Bianca.
La questione, semmai, è un’altra: qual è la “visione” politica di Montezemolo? E chi sono, a suo avviso, gli “attori protagonisti” in grado di darle concreta attuazione? Se, come sembra emergere dall’intervento di Italia Futura, ritiene che siano principalmente gli industriali, allora mi sa che non ci siamo proprio perché gli imprenditori italiani, tranne rarissime eccezioni, sono costituzionalmente governativi come sosteneva l’avvocato Agnelli a proposito della Fiat. E in Italia da sedici anni governa Berlusconi (indipendentemente dalle “parentesi” prodiane e simili).
A metà degli anni Cinquanta Ernesto Rossi, giornalista colonna portante del settimanale “Il Mondo” di Mario Pannunzio, pubblicò il libro “I padroni del vapore” in cui accusava gli industriali italiani di aver favorito l’avvento del fascismo. Angelo Costa, che fu uno dei migliori, se non il migliore, presidente che Confindustria abbia mai avuto nei suoi cento anni di storia, aveva appena lasciato il vertice dell’organizzazione e si risentì molto per le tesi contenute in quel libro. Decise allora di “sfidare” in un pubblico dibattito Ernesto Rossi, al quale il 7 luglio 1955 scrisse in una lettera:
«Ritengo sia doveroso fare tutto quanto è possibile per aiutare il pubblico a conoscere la verità. A questo fine Le propongo un pubblico contraddittorio con me, in un locale di larga capienza e con trasmissione televisiva. Io assumerò la difesa della categoria imprenditoriale: il che non significa non riconoscerne le deficienze che certamente hanno tutte le categorie, nessuna esclusa. Lei sosterrà l’accusa con libertà di rivolgermi qualsiasi domanda, ed anch’io potrò rivolgere a mia volta domande a Lei. Il pubblico, seguendo il libero contraddittorio, avrà possibilità di giudicare e soprattutto potrà rendersi conto se il desiderio di ricerca della verità è da tutte e due le parti oppure da una sola e quale».
Ernesto Rossi naturalmente accettò, comunicando a Costa le sue intenzioni con una lettera inviatagli appena quattro giorni dopo, che così si concludeva:
«Se la categoria che Lei, non so perché, difende, fosse composta in maggioranza di uomini come Lei, non avrebbe alcun bisogno di essere difesa per convincere uomini come me della importanza sociale delle funzioni che svolge».
Se anche Montezemolo, da ex presidente di Confindustria, facesse come Angelo Costa e accettasse un pubblico contraddittorio con piena libertà di domande, magari sostituendo la tv con il web, ne verrebbe un bel contributo di chiarezza circa la sua “visione” politica. Io un po’ di cose da chiedergli le avrei…