Voglio però ricordarti com’eri
Prima «sazia e disperata», come la fustigò il cardinale Giacomo Biffi nella seconda metà degli anni Ottanta. Adesso leghista, come la prefigura al Post il professor Michael Shin. E in mezzo, tanti errori della sua classe dirigente che hanno reso Bologna decadente, triste, irriconoscibile. Anche a chi, come il sottoscritto, studente fuorisede giunto dalla lontana Puglia, se ne innamorò perdutamente durante gli anni dell’università, ormai alle spalle ahimè da un ventennio.
Ricordo che puntando sull’abbinamento del mio cognome a una frase della struggente “Silvia lo sai” di Luca Carboni, avevo anche accarezzato l’idea che, una volta terminati i miei studi economici, avrei scritto un libro in omaggio alla città intitolandolo «Che profumo Bologna di sera, le sere di Maggio».
Un profumo che per me toccava il culmine in piazza Santo Stefano, allora nemmeno così bella come dopo il successivo, profondo restauro e dove, tra le altre cose, per una sorta di rito beneaugurante suggeritomi da mia nonna, mi recavo in bicicletta sempre prima di ogni esame a recitare una piccola preghiera.
Ricordo anche, in maniera indelebile, un uomo dal faccione paffuto, baffuto e gioviale, che se lo incrociavi per strada ti sorrideva, ti salutava e, se volevi scambiarci una parola, era sempre pronto ad ascoltarti: Renzo Imbeni. Un grande sindaco.
Ma l’elenco delle persone perbene conosciute in quel periodo e nei primi anni di lavoro è lunghissimo.
Poi però non so cosa sia successo. Comprendere da Milano certe dinamiche politiche mi è risultato presto incomprensibile. Non penso infatti, tanto per fare un paio di esempi, che Bologna si meritasse due sindaci come Cofferati e Delbono. Riguardo al primo, peraltro, provo ancora fastidio per una sua dichiarazione rilasciata lo scorso anno a proposito della scelta di candidarsi alle elezioni europee: «Voglio sia chiaro: per me questa candidatura è un sacrificio». Ma come può, uno che ha guidato il più importante sindacato dei lavoratori, usare per una simile circostanza la parola “sacrificio”?
Quanto a Delbono, al di là delle accuse piuttosto gravi che lo hanno indotto a dimettersi, mi chiedo dove siano finiti tutti quei professoroni e professionisti che fecero a gara per accreditarsi come “maestri”, allievi” e amici del sindaco e che poi, tutto d’un tratto, sono spariti.
Forse bisognerebbe ripartire proprio dall’anatema del Cardinal Biffi e ricordare quanto scriveva più di mezzo secolo fa un polemista di rara lungimiranza come Leo Longanesi: «La miseria è ancora l’unica forza vitale del paese e quel poco o molto che ancora regge è soltanto frutto della povertà. Quando l’Italia sarà sopraffatta dalla finta ricchezza che già dilaga, noi ci troveremo a vivere in un Paese di cui non conosceremo più né il volto né l’anima».
Aiuterebbe non solo Bologna ma tutto il Paese, appunto.