Toscani Maledetti
Pubblico qui in anteprima un racconto pubblicato nell’antologia “Toscani Maledetti” (Piano B edizioni), curata da Raoul Bruni. In fondo allego più informazioni sul libro (che trovate in libreria), quanto al racconto solo una nota: è successo veramente, e la mia segreta speranza è che lo leggano i protagonisti.
Bilocale zona centro, stregato.
È mia assoluta convinzione che le migliori storie siano vere pur non sembrando tali; per questo motivo alcune bugie, sopratutto se a raccontarle è un professionista della menzogna, sono i racconti cui credo più volentieri. Non a caso le storie che preferisco vengono da individui percorsi da un’intensa passione per la balla, una sorta di amore per la falsità pura, senza secondi fini – se non il semplice venir creduta. È una gran fortuna, quindi, vivere una storia cui “non si può credere”; una balla in carne e ossa è un dono prezioso, perché possiede una qualità che il miglior libro non avrà mai: la verità. Di conseguenza, per quanto non ami o desideri scrivere, mi sento in dovere di farlo, per narrare uno di questi rari episodi.
Veniamo ai fatti: da qualche tempo cerco una sistemazione provvisoria, preferibilmente in un bilocale, che abbia un prezzo moderato e si trovi nei pressi del centro di Firenze. Glisserò sulle comuni disavventure di chi cerca casa di questi tempi; è probabile che altri ne abbiano vissute ben più di me. Tra annunci di appartamenti che appaiono e scompaiono, fotografie che faticano a nascondere insormontabili magagne, sottosuoli umidi come grotte, sanitari cui non si avvicinerebbe neanche il lanzichenecco più smaliziato, prezzi alti, contratti brevi, e la domanda, a volte timida, spesso materna, sempre insolente: «Lei ha un buon lavoro?». Tutto rende la ricerca odiosa, ma a vincere in orrore sono senza dubbio gli agenti immobiliari.
Personaggi d’altri tempi, vestiti elegantemente, sgualciti dagli spostamenti frequenti e con l’aria di chi conosce ogni casa senza averne mai abitata una. Per non parlare della loro astuta logorrea, in grado di estorcere informazioni confidenziali senza che l’altro riesca ad aprir bocca. Per quanto non ce ne sia uno uguale all’altro, questi strani individui condividono sempre una qualità: la certezza di avere opinioni ben al di sopra di chi li ascolta. La ragione potrebbe essere l’inveterata abitudine a non esser mai contraddetti – motivo che oltretutto spiegherebbe l’acuirsi di questa caratteristica di pari passo alla lunghezza della vita professionale. È raro, infatti, che un inquilino alla ricerca di un appartamento voglia mettersi contro chi ha il potere di porre fine ai suoi triboli, specie se si tratta di una qualche pidocchiosa questione di principio. «Dica quel che vuole, per ora, ma appena avrò una casa…» questo il pensiero più comune. Com’è ovvio, il momento in cui è possibile rispondere passa spesso in sordina, lasciando agli agenti un’arroganza pari a quella di un dirigente, con in più la sicurezza che il non incappare in un contraddittorio sia dovuto alla bontà delle proprie idee – perché in fondo loro non sono capi, ma poveracci, proprio come i clienti. Nonostante questa caratteristica, che aggiunge fatica e interesse alla ricerca, non mi è mai capitato di incontrare un agente come il signor L…, che ho avuto modo di conoscere durante una visita di un appartamento nei pressi di piazza S. Spirito.
A dire il vero non ero solo; davanti al portone attendevano delle donne, due amiche sulla trentina, di cui una era interessata all’affitto. Quest’ultima si presentò subito, scambiandomi per il signor L… ; non appena scoprì che non ero l’agente, si schierò dietro una fredda cortesia, nel tentativo di non farsi stare simpatico un concorrente. Da parte mia feci lo stesso e, giacché le due mi sembravano delle brave persone, ne cercai i punti deboli agli occhi di un affittuario. Non parevano né povere né rumorose, ma fantasticai sulla loro omosessualità, che, con un po’ di fortuna, avrebbe potuto bloccare un agente moralmente prevenuto. Neanche immaginavo, chi avrei avuto di fronte di lì a poco.
Ecco che arrivò, il signor L…
Un uomo sui quarantacinque anni, magro, scavato in viso, con il mento affilato, grandi orecchie, occhi incavati sotto una fronte bassa e un naso poco più piccolo del mio – che è, confesso, molto pronunciato. A prima vista mi parve un individuo sveglio, magari un po’ strano. Dopo le dovute presentazioni ci chiese da dove venissimo, e appena la domanda gli fu ritorta contro – più che altro per cortesia – affermò di essere un «cittadino del mondo».
Entrammo; l’appartamento era molto bello. Un bilocale ampio, ben organizzato, ristrutturato e rifinito nei dettagli, con pochi mobili ma di classe. Il tavolo del salotto destò la mia attenzione: era una cornice d’ottone, dal gusto barocco, sorretta da due zampe metalliche, con al centro una grata di metallo.
«…La strada non è rumorosa, il sindaco ha da poco chiuso al traffico la zona» disse nel frattempo L… «Ma dall’anno prossimo si cambia sindaco, dunque non vi assicuro nulla.»
«Come sa che cambierà? Potrebbe essere rieletto» disse una delle due donne.
«Oh, cambierà. Lo vede questo mobile, signorina?» e indicò il tavolo che ho descritto poco prima, proprio mentre lo osservavo.
«Cosa le sembra?» chiese.
«…Un vecchio tombino?» azzardò la donna. L’agente, che si aspettava come risposta «un tavolo», rimase piacevolmente colpito. Prima di riaprire bocca ignorò la mia ipotesi: “una finestra”, come del resto ogni mia parola, a meno che non si trattasse di una domanda tecnica. L… non aveva occhi che per le due donne, soprattutto per una.
«È la finestra di un’antica prigione» disse, e aggiunse «Vede? Ogni cosa cambia e si trasforma “Nulla si crea e nulla si distrugge”, disse qualcuno.»
«Soprattutto i politici» dissi. Stavolta m’ignorarono tutti.
«Il prossimo sindaco cambierà» disse l’uomo, a conclusione del bislacco sillogismo.
La visita proseguì, e quando le ragazze confessarono che l’appartamento era molto bello, il signor L… asserì con sicurezza: «La casa è donna.» Aggiunsi che piaceva anche a me, il bilocale, ma non volle sentire storie: «La casa è donna», ripeté assertorio. Si spostò nella stanza da letto, e fece vedere com’era utile il ripostiglio e l’accesso al bagno «…per nascondere gli amanti, cosa che a me servirebbe parecchio.» Le due sorrisero imbarazzate, io stavo poco più in là, e non feci altro che osservare e ascoltare. Fissavo soprattutto L…, la sua bruttezza mi attraeva, eppure gli stavo a distanza per via dell’alito, simile a chi non ha mangiato per un giorno intero.
«Sapete» disse «Questo stabile era di due fratelli, così come tutti i sei edifici adiacenti» si voltò verso le donne e proseguì la storia: «Una volta morti i genitori, (dei signorotti fiorentini, ereditieri da generazioni) i fratelli iniziarono una lunga disputa per l’eredità. Invece che vendere gli immobili e dividere in parti uguali, come avrei fatto io, si affidarono a un esercito di avvocati, che gli hanno mangiato il patrimonio a forza di cause legali. Sapete com’è finita? Che di sei palazzi gli sono rimasti due appartamenti, sessanta e centodieci metriquadri. E il resto? – chiederete – Tutto agli avvocati!» Fece una breve pausa e concluse: «Anche questo appartamento è di un avvocato. Sono fortunato io, a lavorare per gli avvocati.»
«Eh già, purtroppo sono cose che capitano tra fratelli» disse una delle due ragazze.
«Eppure nascono dallo stesso budello» disse L…, poi alzò gli occhi al cielo e aggiunse: «Chiedo scusa alla buon’anima di mia madre, se lo chiamo budello.»
Cercai lo sguardo delle donne, perché la sua verbosa follia era uno spettacolo che richiedeva d’esser condiviso; ottenni solo occhiate diffidenti. Le due volevano l’appartamento a tal punto che non mi avrebbero concesso nulla di umano; L… era sul palco e io abbandonato in una platea semivuota, con due altri spettatori, lontani, due sagome tra i sedili. Se avessi saputo com’egli avrebbe proseguito il dialogo, avrei forse insistito per rompere quella solitudine spettrale, ma non potei, e l’agente proseguì il suo teatro.
Estrasse un cellulare dalla tasca della giacca e disse: «Devo essere onesto con voi, e farvi vedere alcune foto.» Detto questo, cominciò a scorrere con le dita delle fotografie dell’appartamento sullo schermo. Purtroppo il telefono era rivolto verso le donne e, per quanti sforzi facessi per avvicinarmi, l’uomo sembrava nascondermelo di tutta posta. Mi spostai dietro le due, per evitare che L… mi ostacolasse, e riuscii a sbirciare qualcosa: erano foto della camera, in cui appariva, sdraiata sul divano, una sagoma luminosissima, simile a una persona sdraiata, con le braccia dietro la testa. Anche in altre foto l’immagine non cambiava, e la sagoma di luce rimaneva lì. Devo ammettere che non ebbi modo di vedere con la dovuta attenzione l’immagine, ma a distanza era abbastanza inquietante.
«Sarà un riflesso» disse una donna.
«Dice?» rispose l’agente «Lei mi rincuora. Ma guardi quest’ultima foto». L’uomo fece vedere un’immagine in cui la sagoma di luce era eretta, davanti alla porta della cucina. Poteva trattarsi del medesimo riflesso, ma una zona scura, come una macchia nera sul pavimento, rendeva l’immagine ancor più strana. Se volessi cedere a facili antropomorfismi, la figura di luce sembrava spiare l’osservatore, mentre quella sdraiata, tinta d’un nero profondo, sembrava giacere morta sul pavimento.
«Sono diciotto anni che scatto fotografie ad appartamenti e non mi è mai capitato niente del genere» disse il signor L…
I presenti parevano più impressionati dall’agente che dalla storia, ma una delle donne chiese se nell’appartamento erano accaduti omicidi o stranezze. L’uomo rispose di non sapere nulla, se non che la proprietaria, una signora anziana, aveva un figlio che divenne ritardato per via di uno strano incidente.
«Una notte dormiva in una posizione strana, gli è mancato ossigeno al cervello e ha riportato danni permanenti. Incredibile no? Uno dorme male una notte e paf! Si sveglia ritardato.» Disse l’uomo, per poi tornare al discorso precedente: «In ogni caso, io agli spiriti non ci credo, ma se i morti tornano da dove stanno… non è mai un bene, poco ma sicuro.»
Non seppi come interpretare la storia del fantasma, che senza dubbio remava contro gli interessi dell’agenzia immobiliare. Senza contare che non riuscii ad analizzare le fotografie come desideravo. Il signor L… voleva forse metterci alla prova? La sua agenzia era a tal punto esigente da non limitarsi a pretendere referenze economiche, ma anche un certo livello intellettivo? Era un modo per scartare ingenui e superstiziosi, o l’uomo era davvero inquietato dalla potenziale presenza? L’intervento che seguì, se inizialmente mi chiarì le idee, finì poi per confondermele senza speranza.
«Comunque, per tornare alla casa» disse, «il vicinato è silenzioso. La nostra agenzia è molto selettiva. Niente famiglie rumorose, niente maleducati, niente negri.»
L’affermazione razzista rese tutti perplessi, ma l’uomo non ci diede il tempo di capire se fosse serio o meno, e aggiunse: «Se Silvio voleva essere rieletto, sapete cosa aveva a fare? Chiamare la marina militare e piazzare dei cannoni ai confini del paese. Così non entrava nessun immigrato di merda.» Sgranammo tutti gli occhi, l’uomo si avvicinò a una delle ragazze e aggiunse: «Penserà che sono razzista, lo so! Ma io volevo far colpo su di lei. Forse non vi ho convinto, ma la penso così. I cannoni, doveva mettere i cannoni…».
La ragazza provò a replicare, poi rinunciò, non so se per stanchezza o strategia, e chiese soltanto: «…Ma lei di dov’è scusi?»
«Mezzo toscano e mezzo brasiliano» rispose L…, colto alla sprovvista. Stavo per fargli notare che i cannoni avrebbero lasciato fuori dal paese anche una sua metà, ma tacqui, fermato dall’ingiustificato sospetto che fosse quel che voleva. La visita si concluse da lì a breve; da parte mia ero più sicuro sull’appartamento che sulla sincerità dell’uomo; il fantasma invece non mi preoccupava.
Il giorno dopo, per motivi che esulano da questi accadimenti, rinunciai al bilocale stregato. Un po’ per divertimento e un po’ per cortesia chiamai comunque il signor L…, cui avevo fatto una mezza promessa. La sera precedente decisi che, se mai avessi rifiutato l’appartamento, mi sarei tolto la curiosità di chiedergli se quel che aveva detto durante la visita corrispondeva al vero, o era una sorta di prova. Quando lo sentii telefonicamente, l’uomo era particolarmente gentile, e si offrì anche di farmi vedere un’altra casa. Non una parola su negri o fantasmi. Prima di porgli la mia domanda, pensai che forse avrei visitato la nuova casa, e tacqui. «Dica quel che vuole per ora, ma appena avrò una casa…», pensai. Com’era prevedibile, una volta trovato un appartamento non ricontattai l’agente, né seppi più nulla di lui. Quest’ultima considerazione mi costringe a terminare la mia breve storia: in effetti, mi auguro che l’assenza di un vero e proprio finale sia una sorta di garanzia della sua veridicità; perché nella vita la fine non chiede mai il permesso.
(Eppure no, non sono un ingenuo: mi rendo conto che non esista parola al mondo che non possa esser presa per menzogna; anzi, non ve n’è una che si possa dir vera. Assomiglio anch’io alle strane macchie di luce nelle foto del signor L…, e, come i suoi spettri, mi trovo costretto a infestare il mondo in cerca di fiducia).
Questo libro si propone di raccogliere una scelta di racconti inediti composti dagli autori più significativi e originali della nuova narrativa toscana. Si tratta di narratrici e narratori nati tra la prima metà degli anni Settanta e la seconda metà degli anni Ottanta, quindi giovani ma non esordienti, anzi già noti al pubblico nazionale e pubblicati da importanti case editrici italiane. Piano B edizioni ha voluto fotografare lo stato dell’arte della nuova narrativa toscana, narrativa che negli ultimi anni ha conosciuto una grande espansione e il dovuto riconoscimento nazionale.
Ne fanno parte: Simona Baldanzi (Fazi editore, Elliot, Ediesse); Diego Bertelli (Ed. della Meridiana); Cosimo Calamini (Garzanti); Silvia Dai Pra (Laterza, Minimum Fax, Gremese); Francesco D’Isa (Nottetempo); Fabio Genovesi (Mondadori, Laterza); Simone Ghelli (CaratteriMobili, Il Foglio); Ilaria Giannini (Gaffi); Pietro Grossi (Mondadori, Sellerio Editore); Emiliano Gucci (Feltrinelli, Guanda, Elliott); Gregorio Magini (Round Robin); Francesca Matteoni (Transeuropa); Ilaria Mavilla (Feltrinelli); Valerio Nardoni (e/o); Sacha Naspini (Elliott, Perdisa Pop); Alessandro Raveggi (Transeuropa, Effigie, Le Lettere); Luca Ricci (Einaudi, Laterza); Vanni Santoni (Laterza, Feltrinelli, :duepunti); Marco Simonelli (Leconte); Flavia Piccinni (Fazi, Rizzoli, Sperling&Kupfer); Marco Rovelli (Bur, Feltrinelli, Laterza, Barbès).