Feuilleton pornographique (9) – Si brinda anche col Graal, se mancano i bicchieri.
In “Feuilleton pornographique” si narra a episodi la vicenda di due fratelli, per la precisione di un fratello e una sorella, di nome rispettivamente Claude e Claude. Entrambi lavorano nell’industria pornografica, in ruoli diversi e con scopi opposti. A raccontare la loro storia sarà Frank Spiegelmann, produttore, proprietario della “Perverse Angels” e uomo fondamentalmente orrendo. Tutto inizia, si svolge e finisce all’interno del grattacielo della casa di produzione. Non è un racconto erotico – se a leggerlo non è un pervertito.
Qualcuno potrebbe riconoscere in qualche personaggio qualcun altro, ma sarà un caso: ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.
Episodi precedenti: Premessa dell’autore • 1. Il migliore • 2. Un’infanzia qualunque. • 3. Un increscioso incidente segna l’inizio di una fulgida carriera • 4. Nell’occhio del Beholder. • 5. Claude e Claude. • 6. Scene da un matrimonio • 7. Eva Bolena. • 8. Inviti dall’alto e dall’altissimo.
9. Si brinda anche col Graal, se mancano i bicchieri.
Il Parsifal era il ristorante più lussuoso della Perverse Angels, e occupava per intero l’ottantesimo piano dell’edificio. Ne progettai io stesso il design; era una struttura quasi monocromatica, dipinta in leggeri toni di magenta, rosso, viola e porpora. Ogni poltrona era ricoperta di velluto ricamato e su ciascun tavolo circolare svettava un’alta asta barocca, coronata da piume rosse e arancio, grandi fin quasi a creare un ombrello sui tavoli. Il vero fiore all’occhiello del ristorante erano i lampadari; dei grandi calici di cristallo, simili a giganteschi Graal, minuziosamente miniati. In base al colore e alla posizione delle luci al loro interno, nel cristallo emergevano figurine di cavalieri, fanciulle, giardini, cigni e santi, in apparente movimento, come in una lanterna magica. Quella che nei depliant del locale veniva definita “una cornice sontuosa” era in realtà un’atmosfera straniante, che assieme al cibo squisito e l’eccellente selezione di vini contribuiva a instillare negli astanti una disinibizione onirica, in cui i dialoghi si intrecciavano l’un l’altro in iperboli di associazioni sovrapposte, inarrestabili come il moltiplicarsi delle guglie di una chiesa gotica. Non a caso nel progettare il Parsifal mi avvalsi dell’aiuto di vari psicologi, oltre che a designer, architetti e artisti; volevo creare un ambiente “da sogno” – in senso letterale. Era il luogo perfetto per i miei incontri di lavoro, perché capitava spesso che gli ospiti, travolti dalle proprietà surreali del ristorante, si lasciassero sfuggire dei dettagli confidenziali sulle trattative.
Claude accompagnò entrambe le proprie dame, ed entrò nella sala assieme a Eva e Mindy. Ogni volta che penso ai tre li rievoco esattamente come apparvero allora; la figura elegante di Claude al centro, e le due donne, poco più alte di lui, a destra e a sinistra, splendide di bellezze opposte.
Mindy era estremamente sensuale, infilata in un tubino nero che ne esaltava le forme, e i lunghi capelli biondi posati sul cranio come un diadema. Eva, con indosso un castigato abitino bianco, a collo alto e senza maniche, nascondeva con sfrontatezza quel che tutti avevano visto, sembrando di converso ancor più provocante. Sid e Nancy, nella solita mise, erano già seduti al tavolo; anche loro rimasero colpiti dalla tragica perfezione del trittico, ma ostentarono la consueta indifferenza. Dopo le debite presentazioni feci accomodare gli ospiti e diedi inizio alla cena, lasciando che i camerieri ci presentassero il menù.
«È un piacere conoscervi» disse Eva, rivolta a Sid e Nancy, «siete tra i pochi attori di cui ammiro il lavoro».
Ancora una volta la ragazza commise un’indelicatezza nei confronti di Mindy, cui non aveva mai rivolto un apprezzamento simile. Claude, resosi conto che la moglie s’irritò per il passo falso della sorella, le posò delicatamente una mano sul braccio.
«Anche tu non sei male ragazzina» disse Sid, interrotto da Nancy, che aggiunse con un sorriso «Spero che lavoreremo presto assieme. Non sarebbe una cattiva idea, eh Franco?» ma non attese una mia risposta, e concluse «Ne verrebbe fuori un gran film, poco ma sicuro».
«Claude, lo giri tu?» disse Sid, per il puro gusto di andare contro un tabù.
«Sid, fai veramente schifo!» lo rimbrottò la compagna. Lui non aggiunse altro, e le toccò il culo sotto il tavolo.
«Non ti preoccupare Nancy, Sid deve sempre tirare a lucido la sua aria da cattivo ragazzo» rispose Claude, e aggiunse con un sorriso «ma in fondo ha un cuore tenero».
«Puoi dirlo forte» disse lei, senza dare a vedere di aver colto o meno l’astio tra i due.
«Comunque» aggiunse Claude «Siamo qui per festeggiare il successo di mia sorella Claude, no? Vorrei proporre un brindisi» si girò verso la sorella con un calice in mano «O dovrei chiamarti Eva Bolena?»
«Per te rimango Claude» disse lei.
«A Eva dunque!» rispose il fratello, e aprì il brindisi, immediatamente accolto da tutta la tavolata.
«Ma insomma, cos’è questa storia del Marthy Luther Show?» disse Sid, scolato il bicchiere d’un fiato «Ti faranno andar lì vestita da ragazza della porta accanto, per dire quanto sia orribile – davvero orribile – che una ragazzina giovane e ingenua compia tali nefandezze?»
«Tu scherzi, ma il dress-code è proprio quello, non è vero Claude?» disse Nancy.
«Già. Le hanno suggerito dei jeans blu, scarpe da ginnastica e una maglietta rosa» rispose il regista, e aggiunse «Tanto valeva darle un copione: la tua parte sarà quella della ragazzina divorata dall’industria pornografica»
«Quel che non capisco» disse Eva «È perché proprio me. L’industria è piena di povere ragazzine sfruttate. A che scopo invitare una delle poche che non lo è?»
«Questa era per te, Franco!» rise Sid, rivolto a me.
«In guerra è meglio uccidere un alfiere che un fante» chiosò Claude laconico «Se persino la “porno star esistenzialista” è sulla via della perdizione, figurati le altre».
«Cara» disse Mindy rivolta a Eva «Sei proprio sicura di volerlo fare? Ho paura che quegli avvoltoi ti divoreranno». Eva guardò la donna con un’impassibile aria di sfida, ma prima che potesse risponderle Nancy disse: «Mindy non ha tutti i torti. Quei bastardi faranno di tutto per metterti in cattiva luce, dammi retta».
Intervenni solo a questo punto, e spiegai per filo e per segno i motivi per cui Eva doveva assolutamente partecipare alla trasmissione. Mi dilungai poi sulle caratteristiche dell’invito, già accennate da Claude, e aggiunsi una nota personale sull’esito del programma, che a posteriori posso asserire colse perfettamente nel segno. Eva ascoltò tutto con estrema attenzione, interrompendomi di tanto in tanto con qualche richiesta di precisazioni. Le risposi con calma, e aggiunsi che nel pubblico saremmo stati presenti anch’io e il fratello.
A quel punto la donna si voltò di scatto verso Claude e disse: «Questo non me lo avevi detto».
«L’ho saputo anch’io da poco» si giustificò l’uomo, e aggiunse «Ma non cambia molto le carte in tavola. Perché credi che abbiano invitato anche me e Franco?»
«Per quel che ti riguarda… immagino sia per dimostrare quanto la nostra famiglia sia traviata e perversa. Quanto a Franco…»
Fu Sid a toglierle l’imbarazzo: «…con quella faccia, farà la parte del crudele magnaccia». Mi limitai a sorridere, ma notai che Nancy diede un calcio sotto il tavolo al compagno; non doveva dimenticare che gran parte delle sue entrate dipendevano da me.
«Da come la descrivete, sembra una trappola» concluse Eva.
«Una trappola in cui ti conviene cadere» aggiunse il fratello.
«Una non-trappola allora» sorrise Nancy.
«…un affare» concluse inaspettatamente Mindy, fino ad allora piuttosto silenziosa «È semplicemente un buon affare, per entrambi».
Mi rubò le parole di bocca, e notai che anche Claude si stupì per l’affermazione così poco da lei. In occasioni simili mi chiedevo se la genuina semplicità in cui sembrava esaurirsi la personalità di Mindy fosse il frutto di una scelta, piuttosto che un limite. È innegabile che tutti noi – marito compreso – quando si parlava argomenti complessi la tenevamo inconsapevolmente da parte. Le volevamo bene, era impossibile non farlo, ma Mindy era passione, sincerità, cura; non era né pensiero né parola. Non si veda in questo una qualche emarginazione o il segno di un malcelato disprezzo; la donna lo sapeva bene, e non dava segno né di voler cambiare la nostra opinione né di riceverne offesa alcuna. Mindy era Mindy – orgogliosamente. Eppure capitavano momenti in cui la donna sembrava perdere il controllo, infrangendo gli stilemi d’una recita perfetta, e cambiava di tono, si trasformava, invecchiava di diecimila anni e parlava attraverso la bocca di antiche generazioni di matriarche. Non so in quanti se ne accorgessero, ma sono certo che al marito non sfuggivano queste repentine trasformazioni; egli perdeva per un istante il controllo sulla moglie e dunque su se stesso. La dolcezza materna con cui Mindy sembrava cullare i pensieri di Claude, così grandi, immensi rispetto alle loro piccole vite, assumeva in quei casi tutt’altro aspetto; non era più la devozione con cui si ammira qualcosa di superiore a sé, quanto la dolcezza con cui un adulto osserva la passione di un bimbo per il gioco cui si dedica. A ripensarci, forse non si trattava di una recita, ma semplicemente del frutto di un’intensa femminilità, che sbocciava all’improvviso, in una maternità che ci sovrastava col suo abbraccio feroce.
La reazione di Eva, cui certo non poté sfuggire un momento del genere, esulò le mie previsioni. Invece che allontanarsi ulteriormente, per riguadagnare posizione al fianco del fratello, partecipò di quella schiacciante emozione e si avvicinò a Mindy come a un’amica e a una sorella. Come due soldati che s’azzuffano tornano ligi e obbedienti, richiamati dal proprio ufficiale, così le due si armonizzarono in un istante; solo Nancy rimase in disparte, quasi fosse ancora una bambina, troppo piccola per indossare i segreti d’una vestale.
Mai come allora vissi un senso come d’impotenza, una fredda consapevolezza d’esser sempre poca cosa, rispetto a tutto ciò che ho fuori e dentro di me. Si trattò, comunque, d’un istante; così come ce ne privò, Mindy ci restituì un ambiente familiare, e disse: «Basta parlare di affari però. Non eravamo qui per cenare?»
«Mia moglie ha ragione» disse Claude, grato alla donna. «Cosa ci consigli Franco?»
Gli sguardi di tutti i presenti si rivolsero nuovamente a me, sollevati, e distribuii loro consigli e portate come un direttore d’orchestra.