15 libri per l’estate
Anche quest’anno mi permetto di consigliare quindici libri per l’estate (ma ho fatto, bulimicamente, il furbo: sono qualcuno di più). Sono opere di varia natura, per un tempo di ozio nel quale è possibile dedicare qualche ora in più alla lettura. Molti di questi libri sono delle “novità”, uscite negli ultimi mesi, ma voglio anche suggerire alcuni classici, da scoprire o rileggere, e qualche volume piuttosto curioso e raro.
– Mauro Covacich, La città interiore, La Nave di Teseo, pp. 240, euro 17,00
Uno dei migliori scrittori italiani di oggi che torna a raccontare la sua Trieste: una città dalla storia complicata, a volte molto drammatica, incrocio di genti e culture diverse. Un romanzo autobiografico che racconta le avventure di un bambino sperduto e impaurito tra le macerie del dopoguerra di una città occupata, fino all’estate del 1972 quando i terroristi di Settembre nero fecero saltare tre cisterne di petrolio e suo figlio (l’autore) gli chiederà: “Papà semo in guera?”.
Ha detto Covacich: «La città interiore è ciò che accade nella mia mente, non volevo scrivere un libro su Trieste, volevo ricostruire una mia genealogia letteraria e affettiva». Confluiscono in questo libro vari filoni: c’è quello letterario, quello autobiografico, quello on the road, quello storico, quello bibliografico. Una mappa fatta di incontri con scrittori famosi e personaggi meno noti, di scambi con amici e parenti. Tra i modelli letterari di Covacich, Milan Kundera, Elias Canetti e W.G. Sebald: «Trieste ha saputo trasformare l’odio in una forma di convivenza, per questo la vedo in dialogo con città come Belfast, Montreal, Città del Capo e Gerusalemme. La mia città è anche un modello di superamento dei conflitti etnici in un momento in cui questi riesplodono ovunque con grande violenza».
– Sempre ambientata nella bellissima, e un po’ misteriosa, città di Trieste, è appena stata ripubblicata (prima edizione: Kappa 2009), con nuovo apparato storico e documentario assai interessante, una grafic novel di grande pregio:
Vanna Vinci, Aida al confine, Bao Publishing, pp. 129, euro 14,00.
La giovane protagonista Aida lascia Bologna per Trieste e là incontra realmente i fantasmi dei nonni e un amore impossibile, perché diviso dal tempo e dalla guerra, la Grande Guerra. Vanna Vinci racconta e si racconta, in una delle sue storie più personali e – nonostante l’apparente metafisicità dei piani narrativi che si intersecano – più dolorosamente reali. Dare pace ai morti della sua famiglia farà bene anche alla sua vita senza rotta e senza meta o la farà diventare pazza?
– Anton Čechov, L’isola di Sachalin, a cura di Valentina Parisi, Adelphi, pp.462, euro 22,00
Il libro raccoglie le corrispondenze del viaggio, compiuto nel 1890, da Anton Čechov nella colonia penale di Sachalin, all’estremo nord dell’immensa Russia. Un viaggio all’inferno che è una denuncia coraggiosa delle condizioni inumane dei lavori forzati in un sistema che poi sarebbe diventato, in epoca sovietica, il gulag; ma anche il racconto poetico dell’esplorazione di paesaggi, genti, luoghi “fuori dal mondo”.
Se ci si innamora poi della grandissima scrittura di Čechov vale la pena proseguire la lettura di quei capolavori che sono i suoi Racconti. Consiglio l’edizione in due volumi, a cura di Franco Malcovati (Garzanti, pp.1310, euro 20,40).
– Jacob Glatstein, Il viaggio di Yash, trad. di Marisa Ines Romano, Giuntina editore, pp.470, euro 20,00.
Jacob Glatstein nacque nel 1896 a Lublino in Polonia e morì nel 1971 a New York, dove si era trasferito nel 1914. È uno dei più grandi scrittori yiddish.
Questo libro è il bellissimo racconto di un viaggio a ritroso: da New York a Lublino, in Polonia, per accorrere al capezzale della madre morente, attraversando l’Atlantico, la Francia e la Germania nazista e ripercorrendo in senso inverso la rotta delle migrazioni ebraiche in un momento in cui chi poteva tentava con ogni mezzo di fuggire dalla trappola europea.
La prima parte del libro è il racconto del viaggio per mare: La seconda, più intensa, si svolge in Polonia. Come ha scritto Wlodek Goldkorn, nella sua recensione su “Robinson”: «L’autore si trova in un luogo di cura e che ricorda nell’atmosfera La montagna incantata di Thomas Mann. Sono pagine dove sogni e realtà si intrecciano, difficilmente distinguibili. Anche qui l’io narrante fa da orecchio (“ha l’orecchio d’oro” dice di lui un’interlocutrice) a vari personaggi. Il principale è una specie di Maestro, che riflette sulla fede, sulla letteratura, sul declino di un mondo. Ci sono splendide pagine dedicate alla bellezza, alla magia del canto e dei sensi. C’è un viaggio in calesse, che sono pagine tra le più belle della letteratura del Novecento”.
Il racconto di quel viaggio è quindi più di un semplice romanzo, è un viaggio sperimentale, poetico e artistico alla scoperta di nuove modalità espressive, tra realtà e irrealtà: è un viaggio interiore, alla ricerca della sua identità, delle sue origini, del motivo profondo del suo essere al mondo e del suo essere ebreo.
– Loredana Lipperini, L’arrivo di Saturno, Bompiani, pp.432, euro 19,00
Uno dei libri più belli e interessanti usciti quest’anno, scritto da una delle voci della meritoria trasmissione pomeridiana di Rai3 “Fahrenheit”. È un romanzo assai particolare, un ottimo esempio di come la letteratura stia uscendo sempre più dalla narrazione tradizionale per intrecciare storie vere e di finzione nel tentativo di rappresentare il caos del nostro mondo. Come ha scritto Stefano Bartezzaghi (L’etimo del superstite e l’arrivo di Saturno, “doppiozero”, 2 luglio 2017) il romanzo intreccia tre storie principali: una vera, una inventata (anche se coinvolge personaggi storici) e l’altra situata a un livello logico dove la differenza fra verità e falsità è di fatto molto poco pertinente.
Vera è la storia di Graziella De Palo (1956 – ?) e di Italo Toni (1930 – ?), giornalisti scomparsi nel 1980 durante una loro inchiesta a Beirut, un mese dopo lo scoppio della bomba alla stazione di Bologna: è una storia vuota, senza fatti perché nulla si sa della loro sorte, né i loro corpi sono mai stati ritrovati (sul caso hanno gravato trent’anni di perdurante segreto di Stato e uno scrupoloso lavoro di depistaggio da parte di servizi segreti, politici, diplomatici).
La storia inventata è quella del falsario Han van Meegeren, pittore realmente esistito (1889-1947), cui il romanzo attribuisce una sorta di avventura metafisica nelle Marche.
La terza storia è quella di come il romanzo è stato scritto e racconta di Dora, l’alter ego narrativo di Lipperini, che è stata sin da ragazza la migliore amica di Graziella, fino a un litigio che separò i due destini un paio d’anni prima della sparizione di Graziella. Dora ricorda le tappe dell’amicizia femminile: con Graziella ha spartito le prime sigarette, gli amori dell’adolescenza, la politica, l’ingresso nel giornalismo dalla porta di Radio Radicale. Sta scrivendo un romanzo sul falsario, ma si arrovella sulla storia della sua amica, salvo che Graziella è sparita nel nulla («abracadabra» è una delle parole-chiave del romanzo) e la sua storia non si sa, si può solo congetturare.
– Alessandro Carrera, La voce di Bob Dylan. Una spiegazione dell’America, edizione ampliata, Universale Economica Feltrinelli, pp. 396, euro 11,00
Bob Dylan raccontato come moralista misantropo, rivoluzionario conservatore, gnostico innamorato della creazione, profeta di mutamenti e talmudista di sventure. La nuova edizione di questo ottimo libro (uscito per la prima volta nel 2001), che ha fornito per la prima volta al lettore italiano una geografia completa e criticamente profonda dell’opera di Dylan, è aggiornata e ampliata con una nuova introduzione e due nuovi capitoli. Il libro resta una riflessione su ciò che lega Dylan (insignito quest’anno, con l’invidia e lo scomposto disappunto di molti, del Premio Nobel per la letteratura) alla sua terra e alla sua cultura: una porta aperta sull’America, le sue strade e i suoi popoli, i suoi delitti e i suoi amori, cantati e attraversati in tutte le forme e tutti gli stili.
– Giuseppe Barbera, Abbracciare gli alberi, il Saggiatore, pp.268, euro 17,00
Gli alberi sono gli organismi più perfetti esistenti sulla terra: vivono trasformando in loro nutrimento la luce, l’acqua e le sostanze della terra. Se si danno certe particolari condizioni ambientali, e gli uomini non li tagliano, gli alberi sono quasi immortali.
Il più vecchio al mondo è un albero di Natale, in Svezia, che ha appena compiuto 9550 anni (noi, in Calabria, abbiamo un pino loricato nato nel 1026). Giuseppe Barbera, agronomo siciliano da sempre impegnato nella tutela dell’ambiente e del paesaggio, ha scritto un libro di storia davvero ricco di notizie e amore partecipato per gli alberi.
– Stanisław Jerzy Lec, Pensieri spettinati, trad. di Riccardo Landau, Tascabili Bompiani, pp. 290, euro 13,00
Un libro sempre indispensabile (secondo Umberto Eco ciascuno dovrebbe tenerlo sul comodino e consultarlo, aprendolo a caso, la sera prima di addormentarsi): una ventata di intelligente e salutare riflessione sulla vita umana, l’assurdità del reale, l’imbecillità del Potere.
Pensieri spettinati è una raccolta di aforismi di sferzante ironia. Nulla si salva dalla impietosa raffica di sentenze del polacco Stanisław Jerzy Lec (Leopoli 1909- Varsavia 1966), ultimo orgoglioso rappresentante della migliore tradizione della cultura della Mitteleuropa.
Alcuni esempi dei suoi fulminanti aforismi:
A volte è solo uscendo di scena che si può capire quale ruolo si è svolto.
L’anello più debole della catena è anche il più forte perché può romperla.
Aveva la coscienza pulita. Mai usata.
Ci saranno sempre degli esquimesi pronti a dettare le norme su come devono comportarsi gli abitanti del Congo durante la calura.
– Marco D’Eramo, Il selfie del mondo. Indagine sull’età del turismo, Feltrinelli, pp.256, euro 22,00
Siccome d’estate molti si trasformano in turisti, vale la pena leggersi questo brillante, e documentatissimo, reportage che ripercorre la storia della più importante industria del nostro secolo, che muove grandi capitali, sposta tantissima gente e sconvolge e ridisegna l’architettura e la topologia delle città. D’Eramo indaga, racconta e riflette (come ha già fatto in vari importanti libri, tra i quali il capolavoro su Chicago: Il maiale e il grattacielo, pp. 406, Feltrinelli 1995, 2004).
– Rachel Cohen, Bernard Berenson. Da Boston a Firenze, trad. di Mariagrazia Gini, Adelphi, pp.336, euro 32,00
L’affascinante biografia, che è anche un perfetto quadro di un certo mondo e di un’epoca e si legge come un romanzo d’avventure, di uno dei più geniali critici e storici dell’arte della fine dell’Ottocento e del Novecento: Bernard Berenson, ebreo di origine lituana (Vilna, 1865), cittadino statunitense, dal 1888 stabilitosi definitivamente in Italia e morto, nel 1959, nella sua villa a Settignano (chiamata “i Tatti”), sopra Firenze oggi sede di una prestigiosa Fondazione di studi che porta il suo nome.
Si tratta di un’ottima introduzione per andarsi a leggere poi i suoi importanti libri: I pittori del Rinascimento, Rizzoli 2009 e Lorenzo Lotto, Abscondita 2008.
– Timur Kibirov, Lada o la gioia. Cronaca di un amore fedele e felice, trad. Claudia Scandura, Elliot edizioni, trad. di Claudia Scandura, pp. 151, euro 16.50.
La commovente, ma anche surreale, storia del legame tra la cagnetta Lada, abbandonata in campagna dai proprietari dopo l’estate, e Aleksandra Egorovna, anziana pensionata, sorda come una campana. Accanto a lei, stanno la dolce Margarita, l’eccentrico e faceto beone Žorik, vera e propria incarnazione dell’ilarità popolare tra volgarità, violenza e indifesa vulnerabilità, il micione Barsik e l’immigrato Kebab, che riuscirà a realizzare i suoi sogni di integrazione.
Timur Kibirov (1955), uno dei più noti e amati poeti russi contemporanei, racconta la vicenda della cagnetta con occhio attento ai particolari psicologici dei personaggi e ai tanti condizionamenti di un mondo sovietico che sembra ormai lontanissimo ma è un serbatoio di personaggi buffi e poetici.
– David Garnett. Consiglio di procurarsi, e mettere in valigia, tutti i libri dello scrittore inglese David Garnett (Brighton 1892 – Montcuq, Francia, 1981): un genio dell’umorismo intelligente. Sono edizioni vecchie ma ancora reperibili, con qualche difficoltà, in commercio.
Il suo capolavoro è La signora trasformata in volpe (1923), trad. di G. Vittorini, Einaudi, pp. 90, euro 6,50; la stessa traduzione è reperibile nelle edizioni de il Melangolo.
I coniugi Tebrick vivono appartati in una villa della campagna inglese, trascorrendo la giornata tra buone letture, lunghe passeggiate e molta musica. Ma un giorno accade un fatto straordinario: sotto gli occhi stupefatti del marito la signora Fox Tebrick si trasforma in volpe, una piccola volpe rosso lucente. Ha così inizio per il signor Tebrick un’esperienza drammatica e allucinante vicino al bizzarro animale, che a momenti di tenera dolcezza alterna momenti di totale e selvaggia animalità. Una miscela di grottesco e bizzarra invenzione sta alla base della narrativa di questo scrittore, che ama scegliere tra gli animali i protagonisti dei suoi racconti.
Aspetti dell’amore, trad. di A. Motti, Adelphi, p.142, euro 10,00.
Un giovane inglese in Provenza, che coglie al volo l’occasione di una prima avventura amorosa; una giovane attrice di teatro, abituata ad andare fino in fondo nei suoi capricci; un attempato aristocratico, zio del giovane, che molto sa della vita e non ha ancora finito di assecondarne le impennate. Tutte le possibili complicazioni amorose fra questi tre esseri si addensano in una storia che ci appare lieve e aerea e tanto più cela un fondo bruciante.
Un uomo allo zoo (1924), trad. di G. Bona, pp.106, euro 8,00.
Un bisticcio fra innamorati si conclude con una decisione irrevocabile e di paradossale lucidità: previo regolare contratto, l’orgoglioso Mr.Cromartie espone se stesso, primo esemplare umano nella storia dei giardini zoologici, nella casa delle scimmie, dalla quale conta di non uscire mai più. In compagnia di un Caracal e di qualche classico, sorretto da un grande successo di pubblico, crede di aver trovato la pace, finché un orango manesco, un nero invadente e un direttore comprensivo non lo spingeranno verso un lieto fine più consueto.
– Carlo Miccio, La trappola del fuorigioco, Edizioni Alphabeta Verlag, Bolzano, pp. 288, euro 15
Giugno 1975: la travolgente avanzata elettorale del PCI di Berlinguer minaccia di sconvolgere l’ordine politico e sociale dell’intero paese. Per Sebastiano La Rosa, 40 anni e una diagnosi di depressione bipolare schizoaffettiva, si profila il peggiore degli incubi: un paese in mano a barbari che bruciano chiese e sequestrano case. Una paura capace di spingerlo nel baratro psicotico sotto gli occhi di suo figlio Marcello, dieci anni, che la realtà la decifra solo attraverso il gioco del calcio. E che al significato della parola comunismo, e al senso vero delle paure di suo padre, ci arriverà scoprendo le meraviglie del calcio totale: un modulo perfetto praticato dalla nazionale olandese sotto la guida del suo rivoluzionario condottiero, Johan Cruyff. Inizia sul campo di calcio un cammino di trasformazione che porterà negli anni quel ragazzino a trovare la maniera per gestire l’ingombrante presenza della malattia paterna e le sue stesse reazioni emotive davanti alla paura e al pericolo.
Carlo Miccio, 51 anni, vive a Latina dove lavora come mediatore culturale con profughi e richiedenti asilo politico. È anche illustratore. Nel 2014 è stato incluso in un’antologia della Taschen tra i 150 più interessanti illustratori al mondo.
– Witold Gombrowicz, Cosmo, trad. di Vera Verdiani, il Saggiatore, pp.242, euro 24,00.
D’estate sembra che si preferisca leggere i gialli. Ne propongo uno al quale, per molte ragioni, sono legato. Un giallo filosofico sulla formazione della realtà: uno tra i dieci capolavori della letteratura del Novecento, secondo Milan Kundera. Così lo riassumeva il suo autore, lo scrittore polacco Witold Gombrowicz (1904-1969): «Cosmo è la semplice relazione di un semplice studente che racconta le proprie avventure. Lo studente prende alloggio in una pensione dove conosce due donne: la bocca dell’una è deformata da un incidente automobilistico, quella dell’altra è bella, e queste due bocche si associano tra loro fino a diventare un’ossessione. Lo studente ha anche visto un passero impiccato a un fil di ferro e un bastoncino appeso a un filo… e tutto questo un po’ per noia, un po’ per curiosità, un po’ per amore, un po’ per passione violenta, comincia a trascinarlo verso una certa azione… alla quale, non senza un certo scetticismo, si lascia andare».
I due protagonisti, Witold e Fuks, giocano a fare gli investigatori. Mettono assieme cocciutamente vari indizi (e infatti la prima traduzione tedesca del romanzo si intitolò appunto Indizien). Gombrowicz si chiedeva: «Che cos’è un romanzo giallo? Un tentativo di organizzare il caos. Per questo il mio Cosmo, che mi piace chiamare “un romanzo sulla formazione della realtà”, sarà una specie di racconto giallo». Però l’ investigazione porta alla pazzia e all’omicidio rituale: l’Ordine (il Cosmo, appunto) è la follia, e la morte.
– Lorenzo Tricoli, (altre) avventure di Pinocchio, skinnerbooks, pp. 216, euro 27,00
Lorenzo Tricoli (1965-2017) era uno strano artista, da poco scomparso, che è stato ricordato all’inaugurazione del recente Festival di Fotografia di Arles. Nel suo ultimo libro ha assemblato foto e testi riferiti a fatti, che spesso soltanto lui ha notato e ricorda, con un commento sagace, malinconico e, a volte, scetticamente indignato: «Questo libro potrebbe ben essere un Gran Tour del Novecento italiano – dei suoi episodi più ambigui, dolorosi e controversi; e anche di alcuni brillanti momenti di cultura popolare. Tragedia e commedia, all’italiana».
Tricoli presenta il frutto dei suoi cortocircuiti visivi e informativi seguendo la traccia di Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino (1883) di Carlo Collodi (Carlo Lorenzini), uno dei romanzi più profondi sull’Italia che sia mai stato scritto (oltre che il più venduto e tradotto). Scegliendo telegrafiche frasi, tratte dal romanzo, Tricoli monta un racconto dove le foto e le parole stanno accanto su due pagine, creando amare e comiche associazioni. In appendice una selezione dei fatti e della cronaca, con i commenti dell’autore, secondo undici categorie: ambiente; arti & cultura; crimine; cronaca; costume; località; politica; religione; sport; storia della Seconda Guerra Mondiale; terrorismo.
Già in questa scelta c’è una griglia interpretativa molto chiara della vicenda italiana. Ma il moralismo di Tricoli è sempre contenuto, perché a farla da padrone, nel suo racconto, è sempre l’ironia e l’apprezzamento per lo straordinario e il surreale (si citano con ammirazione: fachiri, maghi, saltimbanchi, piccoli maneggioni, ridicoli regnanti e nobili dai nomi altisonanti…).
Sono poche le figure di eroi e i fatti dei quali andare orgogliosi. In questo originale album della storia dell’Italia unita, che contiene anche parecchie notizie e foto dimenticate e particolari poco noti, si ritrova lo spirito di Collodi, persino una certa spensierata e apparente allegria di Pinocchio
Kate Tempest, Let Them Eat Chaos, trad. di Riccardo Duranti, Edizioni E/O, pp.144, euro 14,00 (In libreria a fine agosto).
Kate Tempest è stata una rivoluzione assoluta nella scena culturale inglese: rapper, live performer, poeta, scrittrice matura, pur essendo ancor giovane (ha appena trent’anni); e dei giovani canta in queste sue poesie, in una Londra oscura fatta di emarginazione, conflitto sociale, ambizioni e sogni politici infranti. Le strade della città in Let them eat chaos sono il luogo letterario dove la musica, la poesia e la politica si incontrano, dove personaggi duri, speciali e commoventi prendono vita. Il canto di Kate Tempest è quello di una generazione alla ricerca disperata e appassionata di un senso, del proprio posto nel mondo nel tempo della Brexit, di ogni forma di relazione che possa salvare dal caos.