Affettare i demoni
Nelle ultime settimane ho sentito nel giardino dell’asilo i bambini giocare incessantemente urlando i nomi Tanjiro e Nezuko: evidentemente impersonavano qualcuno che io non conoscevo. Dopo poco ho scoperto di essere tra gli ultimi in Giappone a ignorare una serie di animazione chiamata Kimetsu no Yaiba (Demon Slayer all’estero) che tradotto significa la lama del distruttore di demoni. Il fumetto da cui è tratta è di Koyoharu Gotōge ed è uscito nel 2016 ma la serie animata, è esplosa l’anno scorso e adesso i suoi personaggi sono ovunque: sui poster, sui prodotti in vendita, nei disegni dei bambini, nei travestimenti e perfino sulle mascherine anti-COVID. Un giorno uscendo dall’asilo ho visto una nonna che andava a prendere il suo nipotino dopo aver recuperato dalla scuola elementare la nipote maggiore che era vestita con un kimono e aveva un tubo verde in bocca. Ho chiesto “Nezuko?”, la bambina ha sorriso e la nonna ha detto “pinpon!” che in giapponese significa “risposta esatta!”.
Il fenomeno Kimetsu no Yaiba ha raggiunto dei livelli talmente esaltanti di diffusione che è stata coniata la parola kimetsunomics, un portmanteau tra il titolo del manga e “economics” (già esisteva la crasi Abenomics per indicare le misure economiche dell’ex primo ministro). Nelle sale cinematografiche è uscito il nuovo film dieci giorni fa e ha già fatto 10 miliardi di Yen, polverizzando il precedente record di incassi del film La città incantata di Hayao Miyazaki. Nei primi due giorni di proiezione al cinema ha avuto un pubblico di 3 milioni e 400 mila persone, circa il 3% della popolazione nazionale. A proposito, in Giappone le attività culturali come cinema e concerti stanno ripartendo inventandosi una nuova normalità.
Chiaramente mi sono messo a guardare la serie su Netflix ed ecco di che si tratta.
Tanjiro Kamado è un venditore ambulante di carbone nel Giappone di 100 anni fa e nella prima puntata (a circa 10 minuti dall’inizio quindi non penso di rendermi colpevole di spoileraggio) si trova di fronte la sua famiglia massacrata da un demone. Tanjiro e Nezuko, la sua sorella minore, iniziano così la loro avventura muovendosi in uno scenario un po’ fiabesco, un po’ nostalgico e molto nipponico. Una cosa che mi diverte molto è vedere i disegnatori giapponesi che sguazzano in un mondo japonesque e ci giocano senza prendersi troppo sul serio. I materiali con cui è creato Kimetsu no Yaiba sono veracemente locali: la legna del bosco, la neve, il bambù, la stoffa dei kimono, l’acciaio delle spade, il sangue e il carbone (materiale che condivide con il protagonista Tanjiro il carattere con cui è scritto. L’elemento che lo compone è quindi C nella tavola periodica). Tutta la natura è vista con occhi molto giapponesi: animali selvatici che diventano persone e viceversa, spiriti e forze soprannaturali da combattere o assecondare di volta in volta. Lo stesso concetto di demone fa parte della tradizione, anche se qui è potenziato dal fattore zombie che permette sviluppi imprevisti nella vicenda, spinta principalmente dall’amore fraterno e dalla forza di volontà dell’eroe Tanjiro che è fornito di un olfatto sviluppatissimo, quasi animale.
La serie è piuttosto truculenta e secondo me un po’ esagerata per dei bambini dell’asilo. E allora come fanno a conoscerla tutti? Ho indagato: a quanto pare circa tre bambini in tutto l’asilo hanno avuto dai genitori il permesso di guardarla e a quel punto si sono incaricati di raccontarla agli altri. Questi racconti di seconda mano hanno comunque reso i bambini invasati, hanno cominciato a inscenare gli episodi e cantano la canzone della sigla conoscendone a memoria le parole. In questo filone di racconti chiaramente fioriscono particolari e episodi aggiuntivi inventati, originali, come se si trattasse della fondazione di un’epopea classica. In queste settimane credo di aver testimoniato da vicino come funziona la nascita dei grandi cicli orali diventati poemi che hanno occupato l’immaginario dell’umanità: si comincia delineando la figura di un eroe, i suoi nemici, le sue imprese e poi la fantasia della gente si occuperà di creare un filone di storie del calibro dell’Odissea, il Rāmāyana, o l’epopea di Gilgameš.