Com’è un parco a tema per adulti di 5 piani a Tokyo
La settimana scorsa a Tokyo ha aperto un locale chiamato SOD LAND, gestito da una casa di produzione di film pornografici che si chiama appunto S.O.D. Mi sono fatto invitare alla presentazione per la stampa: dopo qualche scambio di mail e l’invio di un fax sono andato a Shinjuku in una giornata di pioggia autunnale per l’inaugurazione stampa.
Più che un locale si tratta di un intero palazzo che contiene a ogni piano un ambiente diverso, un parco a tema per adulti di 5 piani. Al piano terra c’è una zona accoglienza con negozio di DVD, altri prodotti simili e una cabina fotografica ricordo, di quelle che le ragazze usano per fare gli adesivi con le loro facce decorate, purikura insomma. Salendo al primo piano c’è un bar in cui si può parlare con delle ragazze che, al bancone, servono le bevande. Queste ragazze sono prostitute e l’idea del locale è dare la possibilità ai clienti di chiacchierare con delle professioniste del settore al di fuori dell’attività che di solito si svolge con loro.
Al secondo piano c’è un altro bar con dei tavoli circolari al centro dei quali ci sono le pornostar della stessa casa di produzione che gestisce il palazzo. Il concetto è lo stesso del piano inferiore: bere e chiacchierare con le ragazze, il tutto separati da una lastra di plexiglass. Aprire un locale del genere in questo periodo è stato difficile, e la società ha coinvolto un immunologo che si è occupato di fare tutte le prove, controllare l’aerazione e le protezioni, ma alla fine queste barriere sono una buona scusa per evitare contatti indesiderati tra chi lavora ed eventuali clienti indisciplinati. Forse a sproposito mi ritrovo a pensare che lo specchio che c’è alle spalle delle ragazze al bancone mi ricorda tantissimo il quadro di Manet del bar alle Folies Bergère, quello in cui dietro un bancone c’è una donna e dietro a lei uno specchio che riflette le bottiglie, la sua schiena e forse anche noi che guardiamo il tutto.
All’ultimo piano c’è il “silent bar”, dove i clienti in rigoroso silenzio possono guardare le ragazze (sempre attrici porno ma stavolta in intimo) rinchiuse in una stanza di specchi che non permette loro di vedere all’esterno. Il cliente può guardare senza essere guardato e, dal suo loculo, ordinare da bere. Infine, nel seminterrato c’è unaosteria/izakaya più andante, dove lavorano le attrici alle prime armi o ragazze che sono semplicemente interessate a vedere questo mondo un po’ più da vicino. I clienti possono bere, mangiare e ordinare delle frasi erotiche sussurrate all’orecchio mentre la televisione appesa al muro manda i film che potete immaginare e c’è un posto speciale per i clienti che vogliono accucciarsi e guardare le gambe delle ragazze.
L’ideatore di tutto questo circo, un palazzo di 5 piani dedicato all’eros in cui nessuno tocca nessun altro, è il presidente, Yoshiaki Nomoto, che ha voluto ampliare le possibilità delle lavoratrici del mondo del porno: secondo lui è importante offrire delle alternative, avviare le ragazze verso altri lavori visto che le vendite sono in crisi e non si sa cosa potrebbe succedere in futuro. È stato lui a decidere di aprire qui a Kabukicho, la capitale del porno e della prostituzione i cui locali adesso sono in ginocchio a causa del virus. Per prevenire i contagi i locali sono irradiati con raggi ultravioletti, c’è una specie di doccia vaporizzata antibatterica all’ingresso e tutto e tutti sono separati da pannelli acrilici trasparenti.
Chiacchiero un po’ con una delle attrici che si dice molto contenta di poter lavorare qui e incontrare i fan: la vita di una pornostar può essere monotona e un po’ solitaria, questi eventi danno energia. E poi per i fan incontrare le protagoniste di film che adorano è sicuramente una cosa elettrizzante.
Durante tutto il pomeriggio, mentre lo staff è un po’ in ansia per la riuscita della presentazione alla stampa, il presidente se la gode come un bambino che mostra agli amici un modellino a cui ha lavorato per mesi: spiega tutte le trovate che ha avuto, il desiderio di accogliere i clienti per farli uscire stimolati (lui usa un’immagine di un altro genere che non riporterò), e mi fa notare delle zone coperte di tatami. Mi spiega che servono per giocare a carte con le ragazze in occasioni speciali: io non posso fare a meno di pensare ai banchetti con le geisha di cui si parla in film, libri e xilografie che risalgono al periodo Edo, nel 1700. Dopo il primo momento di timidezza, i vari gruppi di giornalisti scorrazzano per l’edificio chiacchierando, fotografando e interagendo con lo staff.
L’atmosfera si fa ridanciana e in particolare le giornaliste sono piene di entusiasmo e di complimenti per le ragazze e per il posto. Ci fanno vedere alcuni piatti del menù: tutti hanno nomi o forme allusive, si capisce che sono pensati per innescare conversazioni un po’ piccanti. Questo non succede al bar dell’ultimo piano dove la specialità è il martini cocktail. Quando mi sembra di aver fotografato il fotografabile e intervistato l’intervistabile, torno a casa sotto la pioggia pensando che il Giappone si è organizzato per vendere non solo il corpo delle donne, ma anche il loro tempo, la capacità di parlare, interagire, recitare e creare sogni e illusioni. E questo continua da secoli. Mi chiedo anche se un posto del genere funzionerebbe nel mio paese, ma non credo di avere la risposta.