La successione al trono imperiale, Giappone 2019
Questo post è corredato di un video, se volete vedere come è andata.
Dieci giorni di vacanza: una interruzione del lavoro sconvolgente per moltissimi in Giappone: questo ha portato l’abdicazione al trono di Akihito e la conseguente successione di Naruhito. A molti è sembrato un lunghissimo capodanno fuori stagione. Di fatto finisce un’era e ne comincia un’altra.
La sera del 30 aprile decido di passare le ultime ore che rimangono dell’epoca heisei a Shinjuku, in uno dei tanti locali che hanno solo un bancone per servire gli alcolici. Prima mi infilo in una osteria e attacco discorso con due ragazze che paiono non avere un’idea precisa di cosa succederà con la nuova era o con il nuovo imperatore. Alla conversazione si aggiunge l’oste dicendo che il sistema delle date giapponesi è scomodo e sarebbe meglio adottare direttamente la numerazione occidentale come si fa in tutto il resto del mondo. “A noi giapponesi non interessa niente dell’imperatore – dice – per noi non significa niente”. Un altro ragazzo giovane vestito con un completo elegante a cui chiedo un’opinione dice che siccome è nato nell’epoca attuale non sa cosa significhi cambiarla, ma per lo meno si augura di trovare la fidanzata adesso che ne inizia una nuova. Un’altra ragazza dice ridendo che si augura di ricevere la pensione. Ci sono risate un po’ amare.
Cambio locale e in un piccolissimo bar di golden gai frequentato solo da clienti abituali tutti stanno già discutendo del conto alla rovescia da celebrare a breve. Sono quasi tutti ragazzi di meno di 30 anni, nati quando già l’epoca showa era solo un ricordo. Qualcuno ha portato dei dolcetti che verranno distribuiti a tutti gli avventori dopo lo scoccare della mezzanotte. Nessuno sa bene come celebrare, oltre che brindare e chiacchierare. A nessuno interessa veramente del nuovo imperatore, del cambio dell’epoca, delle cerimonie di corte. A nessuno tranne che a Noboru, un trentanovenne impiegato nell’ufficio vendite di un quotidiano tra i più importanti. In modo piuttosto deciso espone la sua opinione: “sua maestà l’imperatore è importantissimo e noi giapponesi non dobbiamo dimenticarlo mai. Avevo nove anni quando l’imperatore Showa è morto e mi ricordo bene il clima di allora. Rispetto all’imperatore attuale, Hirohito era una figura divina. Emanava un’aura speciale e tutti dovremmo considerare il tennō, un essere importante.” Tra gli altri avventori c’è chi glissa, chi non ascolta, chi lascia dire e mi rendo conto che anche qui, come nell’altro locale, c’è un limite oltre il quale a nessuno piace continuare a discutere su questo argomento. Scocca la mezzanotte, siamo entrati nell’epoca reiwa, brindiamo e mangiamo i dolcetti, la nottata procede come tante altre nel quartiere delle osterie e dei bevitori di Shinjuku.
PRIMO MAGGIO
Il primo maggio Tokyo si sveglia in un’atmosfera irreale: le strade sono più deserte che a capodanno, pattuglie di poliziotti a piedi perlustrano tutte le zone mentre due o tre elicotteri incrociano nel cielo tra il palazzo imperiale e il ministero della difesa. Alle 9 e mezza di mattina vado allo spiazzo davanti al palazzo imperiale, in vista del famoso ponte a due campate che immette al portone principale del palazzo. All’interno è prevista la cerimonia di incoronazione di Naruhito, il Reiwa tennō. Nello spiazzo ci sono principalmente turisti stranieri, giornalisti dei media locali ed esteri, qualche curioso un po’ disorientato. Tutto quello che si potrà vedere da fuori sono le macchine dei ministri con i vetri oscurati quando entreranno poco prima del rito e l’imperatore che ne uscirà verso le 15. C’è una fila che comincia a formarsi, ma l’impressione è che tutti siano rimasti a casa per vedere il tutto comodamente seduti davanti alla televisione. Alcuni anziani hanno portato una bandiera giapponese e si fanno le foto a turno, una coppia di ragazzi sui venti anni chiede a un astante di fare una foto mentre tengono una targhetta con i caratteri della nuova epoca. Chiedo come mai sono qui: mi rispondono che amano l’imperatore e con questa visita vogliono ringraziarlo per aver aiutato il Giappone. Mi dicono di essere del Tohoku, e di aver incontrato Akihito in occasione della sua visita dopo il disastroso terremoto e il conseguente maremoto del 2011. La cosa che ammirano di più in lui è la gentilezza, i modi calmi e l’amore per la pace che traspare nei suoi discorsi. Le aspettative per reiwa? “Che sia un periodo di vera pace per tutto il mondo, anche grazie al nuovo imperatore che, da quanto si vede dalle immagini in televisione, sembra una persona gentile e dolce come suo padre”.
In questo periodo prolungato di vacanza, intanto, la rete di movimenti di opposizione ha organizzato un suo calendario di attività. L’ultima di una serie di manifestazioni sparse per tutta la settimana è fissata per il primo maggio e il punto di ritrovo è uno scantinato di Shinbashi. Il movimento che la promuove si chiama “aboliamo il sistema imperiale” ed è attivo da due anni. Il giorno prima i partecipanti hanno sfilato nel quartiere di Shinjuku provocando la reazione dei gruppi di estrema destra accorsi sul posto e arginati dalla polizia. Sono scattati alcuni arresti per violenza a carico dei nazionalisti. Alle 4 comincia la riunione, la sala è piena di attivisti e la gente affolla i corridoi, si parla, si fanno le raccomandazioni affinché non nascano problemi, si presenta l’avvocato da chiamare in caso di necessità e un ragazzo canta una canzone che sarà la colonna sonora della manifestazione. Il brano ha nel riff una citazione di anarchy in the UK dei Pistols. Gli organizzatori non hanno piacere che si facciano foto o filmati, l’atmosfera ricorda un po’ una riunione carbonara, chi partecipa per la prima volta riceve sguardi carichi di sospetto. Alle 17 i convenuti si riversano fuori dal palazzo. All’uscita, sullo spiazzo della stazione di Shinbashi c’è schierata una divisione di poliziotti in tenuta antisommossa. Ai lati si riconoscono i funzionari: chi in borghese, chi con una casacca di riconoscimento. Molti poliziotti seguiranno tutta la marcia riprendendo ininterrottamente i manifestanti.
Piove. Prima della partenza alcuni uomini apparentemente lì per caso si avvicinano al corteo e, visti gli striscioni, cominciano a inveire contro i partecipanti il fila: “Se non vi va bene il Giappone come è, andatevene, scemi! Morite!” Vengono prontamente accerchiati dalla polizia e tenuti a distanza in modo fermo ma molto attento a non usare violenza. La manifestazione parte. Un cordone di forze dell’ordine la sigilla mentre si snoda dal viale che congiunge Shinbashi, la zona degli uffici e delle osterie, a Ginza, il quartiere elegante degli acquisti. Gli slogan sono “Basta al Giappone imperiale! Questo sistema è l’origine della violenza, della discriminazione razziale, della diseguaglianza verso le donne! Non vogliamo la bandiera, non canteremo mai l’inno nazionale!” Le facce della clientela di negozi e ristoranti sono smarrite, spesso spaventate. All’incrocio di Ginza compaiono dei gruppetti di uyoku (le associazioni di estrema destra) più organizzati con megafoni, bandiere e striscioni; alcuni minacciano di avvicinarsi ai manifestanti, gridano e insultano, ma sembra più un copione recitato che un tentativo concreto di passare alla violenza dei fatti. La polizia comunque blocca tutti i belligeranti di fronte agli sguardi sconcertati di turisti e giapponesi in ferie. Dopo un’ora la manifestazione arriva alla meta finale, un piccolo parco vicino a Kyobashi. Si consumano le ultime scaramucce verbali con gli ultimi nazionalisti così tenaci da seguire la marcia fino alla meta, e il tutto si conclude senza incidenti. Raggiungo uno degli organizzatori che non vuole dirmi il nome né essere ripreso, e mi spiega che questo movimento raccoglie un centinaio di associazioni che si propongono il cambiamento dell’organizzazione statale del Giappone e l’abolizione della carica di tennō. Appena sa che sono italiano ci tiene a manifestare grande apprezzamento per la costituzione del nostro paese, che considera la migliore che conosce.
L’ultimo appuntamento di questa serie di eventi imperiali è l’incontro con la popolazione previsto per il 4 maggio, giorno in cui chi vorrà potrà assistere al saluto della nuova coppia regnante dal balcone del palazzo di Tokyo. Immaginando che qualcuno si prepari fin dalla notte precedente, vado davanti al palazzo e infatti c’è una fila che aspetta già dalle 22. Scopro che la polizia ha organizzato la distribuzione di biglietti numerati che garantiscono la precedenza a chi si ripresenterà l’indomani mattina alle 6.30. Una cinquantina di persone aspetta seduta sul marciapiede di fronte. Ci sono anziani e qualche giovane, parlano volentieri dell’evento di domani. Un ragazzo di 34 anni mi dice che per lui vedere l’imperatore è come – forse – per un italiano vedere il papa, ma forse di più. L’imperatore è, secondo lui, come il padre della nazione ed è contento di poterlo incontrare. A mezzanotte la polizia distribuisce i biglietti e tutti si affrettano per prendere l’ultima metro per tornare a casa. Davanti al palazzo non rimane altro che polizia a vigilare.
4 MAGGIO
Alle 9 e mezza davanti al palazzo imperiale c’è una distesa di gente che fa impressione. Un poliziotto mi dice che l’ultimo capodanno i visitatori sono stati 110 mila, ma stamattina appena è arrivato l’impressione era di aver superato quel numero. La folla è suddivisa in 3 enormi file a loro volta spezzate in tronconi modulari che vengono fatti procedere in blocco a turno. Tutto è organizzato, l’atmosfera è allegra. Gruppetti di volontari distribuiscono le bandierine di carta con il sole rosso su fondo bianco, sotto il sole la gente comincia già a sventolarle e a farcisi le foto con il telefono. C’è una fila di corriere parcheggiate da cui escono visitatori venuti da tutti i posti del Giappone. Una coppia giovane è seduta sul prato: hanno registrato il loro matrimonio nel primo giorno dell’era Reiwa, volevano vedere l’imperatore per avere un ricordo ancora più emozionante, ma dopo un po’ si sono stancati di aspettare e hanno lasciato perdere: come ricordo terranno le foto da sposini davanti al palazzo. Un signore sorridente, nato poco dopo la guerra, mi dice che dall’epoca showa ad oggi la figura dell’imperatore è diventata sempre più vicina alle persone, e questo è quello che la rende carismatica. È già emozionato e, quando fra tre ore vedrà di persona il tennō, quasi sicuramente non riuscirà a trattenere le lacrime. Personalmente, a differenza della manifestazione di qualche giorno fa che mi ricordava nelle forme i riti civili a cui è abituato un italiano, qui devo faticare per non associare nella mia mente questa adunata alle esaltazioni imperiali che anche il nostro paese ha vissuto. Tante bandiere nazionali sventolate, il desiderio popolare di abbeverarsi alla visione di un sovrano hanno per un europeo un retrogusto di disagio. In alternativa si può vedere in chiave religiosa e interpretare questa giornata come la versione giapponese del “darsan” nelle feste religiose hindu o la visione del papa al balcone di San Pietro alla domenica.
Eppure il tennō in passato è stato anche una figura politica e la religione è stata deformata a giustificare il nazionalismo espansionista. A 500 metri dal palazzo una fila di furgoni di uyoku sono parcheggiati arrogantemente in divieto di sosta: gruppi di nazionalisti parteciperanno all’incontro cercando di imporre la loro visione del Giappone. Allontanandosi di altri 300 metri, a Marunouchi si sta svolgendo un festival di musica classica con ospiti internazionali. Sembra di aver viaggiato nello spazio e nel tempo e di essere in un’altro continente, in un’altra epoca, ma siamo sempre a Tokyo.
Quello che appare chiaro è che il tennō, l’imperatore del Giappone, è veramente un simbolo. Si trova forse suo malgrado a rappresentare molte cose, diverse a seconda degli occhi che lo guardano. Per gli uyoku è il simbolo del grande impero che deve risorgere per imporre di nuovo la sua supremazia in Asia; per quelli che ne ascoltano le parole un messaggero di pace impegnato a diffondere idee positive e dare speranza; per i critici il residuo di un’epoca vergognosa, violenta e assolutamente decrepita, l’imperatore senza impero; per quelli a cui non interessa è il simbolo di un mondo estraneo di potenti che non hanno nessuna relazione con la propria vita quotidiana.
Non sapremo mai che cosa pensa il nuovo tennō della figura che gli è capitato di incarnare. Sicuramente è colto, aperto verso le altre culture, intelligente e raffinato, oltre che violista per diletto. Probabilmente sarà un peccato non poterlo vedere impegnato nella politica (gli è vietato dalla legge) perché le sue qualità comunicative potrebbero aiutare il Giappone e i futuri rapporti con i vicini in Asia e nel mondo.