Marie Kondo è una atipicità tipicamente giapponese
Ho guardato qualche episodio del programma televisivo su come riordinare le case e le vite, e ho provato a capire qualcosa del fenomeno Marie Kondo, principalmente perché mi pare che sia la prima persona giapponese protagonista di un programma televisivo in occidente. Innanzitutto non è che sia così famosa in Giappone; certo il suo primo libro è stato un fenomeno editoriale, ma qui si legge molto e si comprano tanti libri, quindi non tutto rimane nella memoria. È possibile che adesso, grazie all’interesse in oltremare, faccia un ritorno trionfale nella madrepatria.
Il tema del programma mi interessa molto, perché l’ordine delle case giapponesi mi ha dato profondi shock culturali. Procederò per generalizzazioni e mi scuso per una visione un po’ piatta e parziale, ma in generale le case giapponesi sono infestate da un disordine scorante. L’abitazione non è praticamente mai usata per ospitare amici o conoscenti (si mangia, beve, festeggia nei locali) e se per caso tocca invitare qualcuno è sempre necessaria una pulizia di diversi giorni per rendere la casa presentabile (mai veramente bella o elegante). Gli spazi vuoti non hanno vita lunga: vengono invasi da vestiti, utensili, elettrodomestici, scartoffie, pupazzi, strumenti, attrezzi per gli hobby ecc. D’altronde è inevitabile: tutta la roba che si compra, gli omaggi per farla comprare, le offerte, i souvenir e gli imballaggi da qualche parte devono finire, è chiaro che la roba si accumula. Il tutto risulta impossibile da spolverare e pulire, e spesso nessuno ci fa caso perché ormai l’assuefazione allo status quo è irreversibile. Chi abita da solo vive una vita piena di impegni e la casa è un bugigattolo usato come tana per dormire, lavarsi e cambiarsi. Ho conosciuto persone dall’aria pulita che quando mi hanno fatto entrare a casa loro ho completamente rivalutato in peggio: angoli di casa mai interessati dalla pulizia, la vasca da bagno piena di immondizia, oggetti sparsi per la casa e incrostati di macchie. Dice: le case sono piccole. Certo, motivo in più per non ingolfarle di roba. Ho abitato da solo per anni in 24 mq e quando venivano ospiti si meravigliavano che non avessi abbastanza oggetti, eppure non mi serviva niente altro, nonostante cucinassi ogni giorno e invitassi amici a cena ogni settimana. Non solo i single, ma anche le famiglie spesso vivono nel disordine: incapaci di buttare la roba inutile, se condividessero la casa con uno studente italiano fuorisede penso che sarebbero loro a essere buttati fuori. Insomma, generalizzando brutalmente: tanto in Giappone sono puliti e rispettati gli spazi pubblici, tanto sono trascurati quelli privati.
In questo scenario capisco che la nostra Marie sia nata nel paese perfetto per brillare, inoltre alcuni di elementi della sua biografia le fanno gioco: ha frequentato un’università femminile. Fedeli alla vocazione tradizionalista, questi istituti hanno corsi di alimentazione e di economia domestica per le figlie di buona famiglia. E poi pare che abbia lavorato come aiutante in un santuario shintoista: si tratta delle istituzioni più attente alla pulizia e all’ordine, sia per un fatto di purezza religiosa che di estetica (che poi forse a veder bene sono la stessa cosa, ma evito di entrare in un campo sterminato). Insomma forse dico una cosa sconvolgente o un’ovvietà: i Giapponesi non sono dei maniaci dell’ordine, non sono degli adepti dello zen (qualsiasi cosa questo sia), e lo si può notare venendo qui, guardando i particolari dell’arredo urbano tipo i cavi della corrente, l’urbanistica indecisa, il retro dei magazzini e appunto le case e i loro angoli non tanto nascosti.
La cosa interessante, poi, è che gli spazi da condividere con sconosciuti, colleghi di lavoro o compagni di scuola godono di un rispetto estremo. Fin dall’asilo i bambini sono abituati a rimettere a posto la roba che usano, a servire i pasti ai compagni, ad aiutare mantenendo l’ordine. Sono coinvolti in questo anche da canzoni composte espressamente per accompagnare il riordino e le pulizie. Rispettare lo spazio e le cose degli altri è, in queste situazioni, una forma di rispetto importante e obbligatoria.
Insomma il Giappone vive, come tutto il mondo, di caos e di forze che lo combattono. Kondo Marie ama rimettere a posto, ha dei modi un po’ invasati e delle fisse rituali che – credetemi – risultano da sciroccata anche per i Giapponesi, ma essendo un programma televisivo credo che un po’ di esagerazione faccia parte del gioco. Da quanto ho visto, poi, non presenta le sue trovate come un distillato di sapere antico dei maestri buddhisti o dell’arte delle geisha: è semplicemente la ricetta Mari Kondo (Konmari). Vederla come la rappresentante fulgida del Giappone rivela una visione semplicistica e piatta. Cercare una strada risolutiva che semplifichi la vita è una tentazione per molte persone e alla fine tutti hanno bisogno di migliorare il rapporto con gli altri e con sé stessi, o perlomeno hanno voglia di vedere qualcuno che lo faccia, spargendo tokimeki, il brillìo della gioia. Insomma l’eterna lotta tra l’entropia e il l’ordine ci accomuna tutti, e il metodo Konmari è solo una delle possibili strade nate – per un gioco del caso – in Giappone.
P.S. Qui ho tanti amici pulitissimi che continuo a frequentare con piacere. Non si sentano inclusi negli esempi.