Cultura pop
Non è più possibile in Italia parlare di questione morale, e infatti l’unico a riesumare l’espressione in questi giorni è il comico Antonio Albanese: la moralità è out, fuori corso, improponibile, così come l’indignazione e lo scandalo, categorie archiviate da una tenace operazione culturale che ha trasformato l’inammissibile e l’impensabile in fenomeno pop. Sono pop le escort, soprattutto se molto giovani, sulle quali c’è pure una serie tv (Diario di una squillo perbene). È pop parlare in pubblico di preferenze sessuali, invitare le telecamere a inquadrare le scollature delle ospiti più avvenenti, fare complimenti pesanti alle ragazzine. Ricordo che in una delle prime riunioni femminili di An a cui fu invitato Berlusconi, una decina di anni fa, la platea rimase sconcertata dall’esordio del premier dedicato alle gambe delle convegniste in prima fila. Dio come eravamo antiche, bacchettone, retrò, con quella idea che certe battute non fossero adeguate a una riunione politica della destra. E come siamo moderne oggi, mentre leggiamo le notizie del dossier Ruby dicendoci che boh, chi lo sa, forse sarà un colpo fatale ma forse no, perché in fondo sono cose già viste e già sentite, le ragazze, gli spettacolini, il bunga bunga. In più c’è solo una minorenne, ma alla fin fine come dice il Giornale dimostrava più della sua età e quei 17 anni sono un dato solo “burocratico”.
I nostri stessi dubbi sono il metro della distanza che separa l’idea di politica, istituzioni, relazioni personali incardinata nell’Italia di oggi da quella che dominava l’immaginario collettivo appena cinque o sei anni addietro. Siamo avanti, avantissimo, rispetto a ogni standard europeo. C’è una battuta che gira da secoli, e che Roberto Benigni ha ripetuto nei suoi monologhi su Dante: «Quando voi stavate sugli alberi, noi eravamo già froci». Ecco, mentre in tutta Europa gossip significa un’amante o una fidanzata segreta, noi siamo già al bunga bunga, e lo abbiamo metabolizzato così bene che il titolo on line del Corriere di ieri che associava alla pratica il nome di una parlamentare del Pdl neanche lo abbiamo “cliccato”, figuriamoci, roba antica, e poi alla fine non sono affari loro?
Ecco, bisognerebbe avere il coraggio di dire che – al di là del profilo giudiziario, di cui si occuperanno i magistrati – non sono solo affari loro. Ci sono ruoli pubblici, persino quelli giudicati “modesti” come il consigliere regionale, che dovrebbero comportare un certo senso del limite e della moderazione. Anche i calciatori, le star più capricciose dei nostri tempi, vengono sanzionati se sputano in campo o addirittura se esagerano nell’esultanza. Persino i concorrenti del Grande Fratello conoscono il confine da non varcare quando si insultano reciprocamente. La classica espressione utilizzata in questi casi è: “ci sono i bambini che guardano”. Una frase drammaticamente fuori moda, che pure si dovrebbe avere la forza di riproporre. Ci sono le ragazze che guardano, le nostre figlie, e vedono in tv queste “amiche del premier” uscire dalla questura di Milano con buste di Gucci grandi come valige (hanno fatto shopping già che si trovavano in centro?) e leggeranno domani delle prestazioni che hanno garantito, di quella che si vanta dell’appartamento gratis, dell’altra che ha incassato cinquemila euro esentasse dopo la festicciola, e ovviamente di Ruby che giura all’amica di poter pretendere cinque milioni per il suo silenzio. Vi sembra normale, vi sembra difendibile? Durante le manifestazioni studentesche, Silvio Berlusconi disse qualcosa tipo “i bravi studenti sono a casa a studiare”. E alle brave ragazze cosa suggeriamo di fare, ammesso che non sia out parlare di questa categoria di “invisibili”? La galleria di ventenni patinate, griffate, scosciate e perfettamente truccate apparsa in questi giorni sui giornali è un potentissimo spot “istituzionale” rivolto alle giovani italiane, una pubblicità-progresso che indica la strada del successo e della bella vita in un push-up con scollatura a cuore. Così fan tutte, tutte quelle “furbe”, è il messaggio implicito che rivolge alle nostre adolescenti. Sappiamo che è moralista e fuori moda dirlo, ma non ci piace, ci dà fastidio e siamo convinte che in tutto ciò non ci sia niente di pop: è solo roba di cui vergognarsi.