Il pretesto per chiudere il Secolo
Consapevole di agire in pieno conflitto di interesse, uso il Post per raccontarvi che il giornale che dirigo, il Secolo d’Italia, la settimana prossima probabilmente dovrà portare i libri in tribunale. Gli “ex colonnelli” ci hanno negato la modesta anticipazione (700mila euro) che ci serve per pagare stipendi e fornitori fino alla fine dell’anno, quando incasseremo il contributo pubblico. Non è che non hanno i soldi: le casse della ex-An sono piene. Ma il “Secolo” gli dà fastidio, è troppo libero, troppo autonomo, e negli ultimi mesi anche “troppo letto” e troppo presente nel dibattito politico, e preferiscono che tiri giù la serranda, levandogli il problema di una quotidiana rappresentazione della destra diversa da quella che loro esprimono. Abbiamo già ricevuto molta solidarietà, dalle parti più impensate. Ci daremo da fare. Alle 15.30 abbiamo organizzato una conferenza stampa in redazione. Abbiamo scritto un appello per raccogliere il sostegno chi ha cuore la libera circolazione delle idee, anche quando non le condivide. Spero che ci siano molti di voi. Ve lo posto più tardi.
Eccolo:
Il “Secolo d’Italia” esiste da quasi 60 anni. Rappresenta una memoria storica, una voce libera, una tradizione culturale e giornalistica che con continuità e coerenza (e anche tra tante difficoltà) ha raccontato il punto di vista di una comunità umana e politica. Ma soprattutto ha raccolto nei decenni il contributo, le riflessioni e le firme di intellettuali e scrittori che hanno coralmente edificato un patrimonio che sarebbe riduttivo ricondurre a una singola sigla di partito. Il “Secolo d’Italia” costituisce oggi l’unico centro di raccolta di documenti e articoli indispensabili per conoscere, studiare e approfondire la storia della destra italiana. Nell’ultimo periodo ha con spirito d’indipendenza e senza mai piegarsi al gossip interpretato una voce critica all’interno del centrodestra utile ad avviare una riflessione e un dibattito al di là e oltre i muri ideologici del Novecento. Oggi il “Secolo d’Italia” ha bisogno del sostegno di tutti, di chiunque, giovane o anziano, parlamentare, giornalista o semplice cittadino, vuole difendere la libertà di stampa, il pluralismo, la tradizione culturale della destra e di chiunque creda che al nostro paese sia più utile la vivacità delle idee che gli slogan di una piatta propaganda. Per tutte queste ragioni chiediamo una firma per continuare a vivere e per proseguire nel nostro lavoro quotidiano, aggiungendo ogni giorno un “pezzetto” di politica viva a una storia che è stata nobile e che vorremmo fosse ancora lunga.