Hermès e manganello
Telefoni caldi al “Secolo”. Tutti vogliono il numero di telefono del militante napoletano che ha svelato il progetto di spedire a Mirabello pullman antifiniani per fischiare il cofondatore. In cambio ci regalano molte battute (la più tranchant: “La Brambilla smentisce? Beh, non ha il coraggio di Farinacci”) e una accorata solidarietà che ci fa un po’ sorridere. Insomma, anche se i fischiatori arrivassero, mica sono i Katanga di Capanna (che tra l’altro ha presentato il suo ultimo libro proprio con Fini). Passando dal faceto al serio, è paradossale notare che il mondo berlusconiano, così orgoglioso nel rivendicare lo “sdoganamento” della vecchia, impresentabile destra – quella legata al binomio piazzate&manganello – per una sorta di slittamento politico e semantico sia pian piano arretrato verso quell’antico, imbarazzante stereotipo. I militanti organizzati in “squadre”, il dissenso definito “tradimento”, la contestazione organizzata dell’avversario interno, appartengono all’immaginario non propriamente liberale della politica anni ’70 e ’80: il buffo è che noi, quelli che l’abbiamo vissuta, gli “sdoganati”, i “miracolati”, non abbiamo alcuna nostalgia di quelle prove muscolari. E loro, i manager del consenso, così puliti, professionali, educati, invece ci sguazzano dentro con evidenti brividi di piacere. Tanto tempo fa c’era chi parlava del brivido del passamontagna. Chissà, magari indossato sul doppiopetto o con la borsa di Hermès è ancora più emozionante.