Sta circolando molto un video americano antifascista: è del 1943
È stato diffuso da un ricercatore canadese, in risposta all'attentato nazista in Virginia
Negli ultimi giorni sta circolando molto su internet un video antifascista girato e distribuito dal Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti nel 1943. Il video è stato postato per la prima volta sabato sera da Michael Oman-Reagan, un ricercatore di antropologia canadese, in risposta all’attacco neonazista in Virginia in cui una persona è rimasta uccisa, e alle apparenti difficoltà del presidente Donal Trump di condannare il gesto. Il canale arabo Al Jazeera ha postato sulla sua pagina Facebook una versione sottotitolata dal video.
Nel video si vede un agitatore invitare una piccola folla ribellarsi ai neri, agli stranieri e ai cattolici, che stanno rubando lavoro e opportunità ai “veri americani”. Uno degli spettatori a un certo punto commenta, parlando con accento dell’est Europa: «Ho già sentito discorsi del genere, ma non mi sarei mai aspettato di sentirli in America». L’uomo spiega di essere fuggito dalla Germania a causa delle persecuzioni e racconta come i nazisti arrivarono al potere: «Hanno usato il pregiudizio come un’arma per paralizzare l’intera nazione».
Il filmato, intitolato “Don’t Be a Sucker” (“Non farti prendere in giro”, che qui potete vedere per intero) fu realizzato nel 1943 e mostrato nei cinema di tutto il paese, in parte per spiegare l’ascesa del partito nazista in Europa, ma anche per mettere in guardia i cittadini americani dal pericolo costituito dai populisti di estrema destra.
Come nota il sito di The Atlantic, dietro il filmato si nasconde una certa ipocrisia. Mentre “Don’t Be a Sucker” veniva trasmesso nei cinema, il governo americano aveva ordinato la detenzione di 100 mila cittadini americani per il solo fatto di avere origini giapponesi. Il filmato però contiene comunque un messaggio corretto e cioè che «pregiudizi e faziosità possono distruggere un paese e che queste forze deleterie si manifestano anche negli Stati Uniti d’America».