Storia di un invasore
Andrea Sarubbi, giornalista ed ex parlamentare, ha raccontato su Twitter la storia di un uomo congolese incontrato mentre elemosinava in un mercato di Roma.
UN INVASORE #thread
— Andrea Sarubbi (@andreasarubbi) June 27, 2018
Cappello in mano e rosario di legno al collo, Jean-Claude chiede l’elemosina tra i banchi del mercato di Monteverde. È per i suoi 3 figli, spiega in italiano stentato. Ma poi ringrazia in francese, con una benedizione che mi tocca il cuore. Ok, parliamo.
Jean-Claude è congolese, ma è scappato parecchio tempo fa. La Repubblica democratica del Congo è un concentrato dei problemi del mondo: ricchezze depredate e povertà diffusa, corruzione, guerre. Ora addirittura un presidente che non se ne vuole andare.
Dice Jean-Claude che nei prossimi mesi le cose potrebbero peggiorare: sta rientrando Jean-Pierre Bemba, appena scarcerato dalla Corte penale internazionale dell’Aja, e si prevede una resa dei conti con Kabila e le sue truppe. Non è il momento buono per tornare a casa, insomma.
La moglie di Jean-Claude, nigeriana, vive con i 3 figli in Sicilia. Lui è partito per cercare lavoro a Roma, poi è finito a elemosinare. Una moneta alla volta: appena arriva a 30 euro, al netto del poco che spende per mangiare, li manda alla famiglia. Per sé non tiene nulla.
Il resto della famiglia è in Sicilia perché è lì che sono sbarcati. Erano su un barcone, li ha salvati una nave blu di una ong tedesca. Gli mostro le foto della
#Lifeline. Credo sia proprio quella, mi dice, e si commuove. Ma non è ancora niente rispetto a quello che mi dirà.Il viaggio dal Marocco alla Libia gli era costato 4 mila dollari, 800 a persona. Un incubo, in cui ha visto ogni tipo di violenze: donne stuprate dai soldati libici davanti ai mariti, persino un bambino di pochi mesi – forse un anno – violentato sotto gli occhi dei suoi genitori.
Mentre scendono dal camion che li porta a Tripoli, mi racconta Jean-Claude, un militare dà un calcione a suo figlio di 4 anni. Lui sta per reagire, la moglie lo blocca e si mette a urlare: “Ne abbiamo già persa una! Vuoi che ci ammazzino pure questo?”. Ora arriva il pezzo brutto.
Jean-Claude ha vissuto 15 anni in Marocco, dove lavorava in condizioni disumane. Noi neri lì siamo trattati come animali, mi dice, raccontandomi della vita nella foresta e dei tentativi di arrivare in Spagna con la sua famiglia: Ceuta troppo controllata, meglio provare più a est.
Il 28.4.2008 salgono in 70 su uno Zodiac di 9 metri. Al largo di Hoceima li intercetta la marina marocchina: un agente tira fuori un lungo bastone uncinato e squarcia il gommone, facendolo affondare. Muoiono in 30, tra cui 4 bambini. Una è la figlia di Jean-Claude, che ha 7 anni.
[pausa]
Al mercato fa caldo, ci sono i Piccadilly a metà prezzo e i meloni freschi. Parecchia gente passa accanto a Jean-Claude, c’è chi lascia 20 centesimi ma nessuno si ferma ad ascoltare. Alcuni sembrano infastiditi anche da me, dalla confidenza che sto dando a un invasore.