7 battute di Massimo Troisi, che oggi avrebbe 70 anni
Massimo Troisi, uno degli attori comici italiani più amati e di maggior successo di sempre, morto a soli 41 anni, ne avrebbe compiuti 70 oggi, 19 febbraio. Nato a San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, aveva una comicità molto legata alle sue origini napoletane, sottolineate dal suo accento e dal suo modo di parlare e di riferirsi alle cose, a cavallo tra l’autocommiserazione e la grande lucidità. Ma era napoletano anche in un modo personale e opposto ai cliché della napoletanità, che cercava spesso di prendere in giro e criticare con personaggi timidi, impacciati, sensibili.
Tra le sue battute più celebri, «Mo’ me lo segno» è diventato uno dei modi più diffusi e conosciuti per mostrare indifferenza a una cosa detta con enfasi da un interlocutore (un po’ un equivalente di “sticazzi”).
“Ma vafanculo, tu e mammina”, è la battuta con cui Troisi si congeda da Robertino, il figlio adulto complessato, succube e ostaggio della madre iperprotettiva e bigotta, che lui ha cercato invano di liberare: personaggio esemplare per prendere in giro tutte le madri troppo protettive coi propri figli cresciuti.
Una scena dopo la quale non è più stato possibile utilizzare l’espressione “Quanti siete?” come se niente fosse.
Citazione di una famosa lettera scritta da Totò e Peppino. “Noi ti salutiamo con la nostra faccia sotto i tuoi piedi. Senza chiederti nemmeno di stare fermo”: formulazione buona per ogni atto sarcastico di sottomissione.
Considerazione che a un certo punto appare sempre quando si deve decidere il nome di un nascituro.
Una delle migliori battute antifasciste di sempre, al minuto 0:20.
Un saggio ridimensionamento del valore della sincerità sempre, del “io dico quello che penso”, e del “è giusto che tu lo sappia”: «Queste non sono cose che si dicono in faccia, queste sono cose che vanno dette alle spalle, dell’interessato».