Intervista seria agli Elio e le Storie Tese
Parlando del vostro penultimo festival invece, io ho sempre considerato un momento fatidico lo scontro fratricida tra La canzone mononota e Dannati forever.
Elio – Ci sarebbe da fare un discorso molto lungo sull’ascolto. Era il pubblico a scegliere quale dei due pezzi avrebbe gareggiato, e ha vinto Mononota con l’80%. Perché l’ascolto è molto immediato e istintivo, e penso sia troppo istintivo: la musica è una cosa che va gustata come il cibo, non bisogna abbuffarsi. Puoi farlo da piccolo, al fast food quando mangi le patatine fritte e sono croccanti e salate, ma quando cresci dovresti affinare il gusto – e certamente non puoi mangiare sempre solo quelle. La stessa cosa andrebbe fatta anche con la musica ma non succede, per la maggioranza delle persone è un dato di fatto. Per cui è stata preferita la canzone più simpatica, strana, aderente all’immagine di Elio e le Storie Tese, quando invece l’altra era più raffinata e forse sarebbe venuta fuori un po’ dopo.
Ma alla lunga il fatto di essere vissuti come il gruppo ironico, il gruppo…
Tanica – …di simpatici cazzoni.
Elio – Ma lo siamo! E lo rivendichiamo. Sono fiero di esserlo, piuttosto che aggiungermi al mucchio di quelli che si prendono sul serio.Ok, ma siete ANCHE quello. Personalmente anni fa mi sono sbilanciato sul giornale Rollinston, sostenendo che siete il più grande gruppo rock italiano. Per offerta musicale, per ricchezza di temi, per popolarità dei vostri pezzi, per capacità di rimanere impressi dicendo cose non banali. Però c’è sempre quella specie di freno a mano della goliardia.
Faso – In effetti ci sono alcuni nostri brani che potrebbero essere cantati da altri interpreti e riscuotere un certo tipo di apprezzamento, ma nel nostro caso rimane “una canzone di quei simpatici pirloni”. Ogni tanto ho immaginato se, poniamo, Caro 2000 l’avesse cantata Lucio Dalla, avrebbero detto: “Questo artista dice cose importanti con ironia”. Nel nostro caso, le cose importanti passano un po’ in secondo piano.