Arcivernici fotovoltaiche
Qualche anno fa, per favorire gli investimenti in energie rinnovabili si decise di sussidiare l’installazione di pannelli solari. Per far presto furono concessi incentivi che oggi, a pannelli installati, si traducono in una rendita di circa 11 miliardi di euro l’anno. [..] Oggi l’energia solare si può catturare semplicemente usando una pittura sul tetto, con costi e impatto ambientale molto minori. Ma i nostri pannelli rimarranno lì per vent’anni e nessuno si è chiesto quanto costerà e che effetti ambientali produrrà la loro eliminazione.
Così esordisce l’editoriale di F. Giavazzi e A. Alesina su Il Corriere della Sera che, pochi giorni fa, ha scatenato reazioni più o meno contenute in molti ambientalisti e operatori del settore fotovoltaico. Nell’editoriale del Corriere, gli incentivi al fotovoltaico vengono citati come il modo sbagliato di fare innovazione. Sul banco degli imputati, in piena campagna elettorale, il PD e Monti, rei di promuovere una “politica industriale dirigista” a colpi di investimenti pubblici a scapito del libero mercato. La tesi dei due economisti è che è pura illusione attendersi che lo Stato e la politica siano in grado di individuare i settori e le imprese che avranno successo – “vi immaginate quattro funzionari dell’Iri in un garage che si inventano Apple?” – e il pesante fardello degli incentivi statali concessi al fotovoltaico, la cui industria italiana è oggi boccheggiante, ne sarebbe la dimostrazione plastica.
Ora, l’immagine dei funzionari Iri chiusi in un garage a inventare qualcosa è certamente spassosa, ma l’editoriale del Corriere è traboccante di inesattezze e categorizzazioni tranchant al limite dell’ingenuo. Stupisce sia firmato dai due noti economisti di Harvard e della Bocconi, pur in campagna elettorale. Ma andiamo con ordine.