Le quote nere
Estraggo questo argomento solo adesso che la faccenda delle quote rosa si avvia forse ad addormentarsi. La estraggo perché non c’entra. E però c’entra.
Domande. Sino a che punto si spingerà l’omologazione dei lavori femminili a quelli maschili? Qui sul Post abbiamo letto più di un articolo teso a dimostrare che la forza maschile e quella femminile tenderanno via via a equivalersi almeno in campo sportivo.
Penso che la domanda sia lecita. Mi spiego. Secondo i dati che ho io, i lavori più pericolosi sono nei campi dell’agricoltura, dell’industria estrattiva e delle costruzioni. E donne non ce ne sono o quasi. Agricoltori, operai edili e metallurgici, addetti alle trivellazioni e tagliaboschi sono i mestieri che vantano il primato mondiale dei morti sul lavoro. Così almeno diceva l’ufficio statistiche del ministero del lavoro statunitense. Il singolo lavoro specifico più pericoloso risulta essere il pescatore di granchi in Alaska.
E in Italia? Granchi a parte, il 97 per cento dei morti sul lavoro sono uomini. Nell’Unione europea i dati non sono dissimili. E sono morti che che tendono anche a essere, come dire, professionalmente e socialmente meno abbienti: in media non si ha notizia di notai o avvocati rimasti uccisi perché precipitano dalla scrivania. Anche le donne che muoiono, in genere, è per incidente stradale.
Ci sono già molte professioni (magistrati, avvocati, medici) in cui le donne stanno raggiungendo la parità da sole, senza quote, in virtù di un riequilibrio. Secondo me è normale. Addirittura cominciano a crearsi settori in cui le discriminazioni positive semmai si applicano agli uomini anziché alle donne: come in Germania, dove mancano lavoratori maschi nel campo dell’educazione (scuola, università, asili ecc.) e perciò cercano di favorirli in tutti i modi, anche perché è dimostrato che il personale misto funziona molto meglio. Siamo alle quote blu.
Osservo perciò che le quote rosa, per ora, tendono a riguardare solo le professioni più fighe per status e reddito: nessuna donna le pretende nei cantieri, nelle cave, nelle miniere, nelle fonderie e nei pozzi petroliferi. Fino a quando? E che cosa scriveremo, come reagiremo quando, a margine di certe professioni, anche loro cominceranno a morire come mosche, anzi, come uomini?
(Da Libero)