Eurosudditi

Tutti i quotidiani italiani hanno aperto con la débacle della Merkel, ieri, e non è perché d’un tratto si siano sprovincializzati o abbia prevalso un’improvvisa esterofilia: macché, era giusto, era coerente, in fondo titolavano come tempo addietro avrebbero fatto per Berlusconi o per Prodi che erano i premier di questo Paese, ciò che Angela Merkel fattualmente è. Verrà il momento in cui dovremo cominciare seriamente a chiederci come ci siamo arrivati, come è stato possibile svegliarci un mattino e accorgerci che non siamo più una nazione: privi di un governo democratico, dipendenti da una Banca centrale «europea» comandata da azionisti privati, sprovvisti di una moneta e di veri confini, e di una politica agricola, economica, estera, tenutari di conti correnti a sostituire la carta d’identità. Nella connivenza o nell’incoscienza più totali – dei giornalisti in primis – ci siamo consegnati mani e piedi una firma dopo l’altra, un trattato dopo l’altro: senza che ci fosse un dibattito, un mezzo referendum, la consapevolezza di quanto accadeva mentre ci occupavamo di spettacolari cazzate. «Non avrai altro dio al di fuori dell’euro» è il primo comandamento. L’undicesimo, per dirla con l’antropologa Ida Magli, è «aprirai un conto corrente».

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera