Uno stato quasi solido
Apple, a intervalli, più o meno, regolari, convoca i giornalisti, manda loro un indizio nel titolo dell’invito e presenta le sue novità. Sono, ogni volta, prodotti innovativi, che influenzano quello che sarà il mercato, siano questi dell’hardware o il software che è la vera anima di queste rivoluzioni. Questi eventi sono così importanti che ormai vengono tenuti in un teatro o in un centro congressi e trasmessi in diretta via Internet; sono eventi a cui assistono appassionati di tecnologia e addetti ai lavori e io, per anni, ho fatto parte di entrambe le categorie.
Il 23 ottobre c’è stato l’ultimo di questi eventi, il cui indizio era: “abbiamo ancora una piccola cosa da farvi vedere” ma in cui Apple ha presentato parecchio di più di una “piccola cosa”: ha approfittato per rinnovare l’intera linea di computer desktop di quella che una volta avremmo definito la fascia consumer, ha presentato un nuovo portatile, i nuovi iPad e gli attesi iPad mini e, forse, ha complicato un po’ la vita dei rivenditori e ha creato qualche confusione a chi deve scegliere qual è il miglior computer o iPad per sé. Ora dirò la cosa banale che tutti state aspettando che dica, però, sì: se ci fosse stato ancora Steve Jobs, forse, avrebbe imposto delle scelte al mercato, invece di assecondarlo come sembra che stia facendo Apple nell’anno uno d.J. (dopo Jobs).
Ma questo è un altro discorso.
Di sicuro c’è che i nuovi iMac, il nuovo 13″ portatile, l’iPad mini, vanno, sì, a sovrapporsi nelle fantasie di ognuno di noi, ma sono ancora più belli e magici di quanto non lo siano mai stati. Non mi aspettavo di meno: se si vendono sogni, che siano sogni bellissimi.
Insieme all’hardware però è arrivata un’innovazione che potrebbe, per l’ennesima volta, migliorare il nostro modo di usare il computer e che è la parte che mi incuriosisce di più. Si chiama Fusion Drive e mischia la velocità dei dischi allo stato solido e la capacità dei dischi tradizionali.
Ma facciamo un passo indietro: un paio di anni fa, dopo aver provato il primo MacBook Air con un disco SSD (allo stato solido) ho pensato che il mio prossimo computer doveva averne uno, non appena il rapporto fra prezzo e capacità fosse stato accettabile. Ho sempre voluto un computer veloce e i dischi allo stato solido sono, in questo momento, la componente che fa più differenza. Sono più costosi degli ormai economici hard disk tradizionali, ma mentre i processori sono quasi sempre sovradimensionati, per l’utilizzo comune di un computer, la velocità dipende sempre più dall’accesso alle informazioni, dal tempo di lettura, e di scrittura, dei dischi.
Così qualche tempo fa ho rimosso il masterizzatore del mio computer e l’ho sostituito con un disco SSD, mantenendo il disco principale come archivio e usando il disco SSD per il Sistema Operativo, per le applicazioni e per i documenti che utilizzo più frequentemente. Il miglioramento delle prestazioni è stato incredibile, uno dei più evidenti da quando uso un Mac.
Fusion Drive fa la stessa cosa e lo fa in modo trasparente e automatico, fondendo due dischi in uno e mostrando un unico spazio che ha la dimensione della somma dei due dischi, ma seleziona i dati a cui si accede più frequentemente e li salva sul disco alla stato solido, scegliendoli con un algoritmo che analizza il nostro modo di usare il computer. Wow.
Per ora sarà disponibile sui nuovi iMac e sui nuovi Mac mini ed è un’opzione interessante per chi vuole spazio e velocità a un costo accessibile.
Ovviamente ho cercato di capire se potrò usare questa opzione sul mio “vecchio” Mac che ha un disco SSD e un HD. Per ora è possibile solo con un’operazione che richiede un po’ di competenza tecnica e che va a toccare una parte vitale del computer. Nulla di davvero difficile, ma forse evitabile, se non per soddisfare la propria curiosità e voglia di arrivare primi.
Qui c’è un link che riporta la procedura, non ufficiale e sconsigliata da Apple.
Non ci troviamo di fronte a una rivoluzione, però Fusion Drive rappresenta un’applicazione pratica e migliorata di un’idea che altri avevano interpretato in modo diverso.
Seagate, con i primi dischi ibridi, e Intel, con la tecnologia SRT (Smart Response Technology), usano la porzione veloce del sistema come cache in cui copiare i file più usati, mentre Fusion Drive lavora a livello di blocchi di memoria, riuscendo a ottimizzare il processo di scelta dei file o, anche, delle porzioni di file da promuovere e tenere nella parte veloce, così il disco SSD è usato come spazio di memoria in cui sono allocati i blocchi più utilizzati. La differenza è notevole e un esempio per capirla può essere un filmato di diversi Gigabyte: è un unico file ma i cui blocchi iniziali saranno salvati sul disco SSD e il resto del file sul disco tradizionale; quando apriremo il file il computer potrà iniziare subito la riproduzione e avrà tempo, mentre vediamo i primi secondi, di caricare il resto del filmato.
Mi piace pensarlo come uno “stato quasi solido” per i nostri prossimi dischi: forse è solo un passo intermedio verso il momento in cui avremo solo dischi a stato solido, silenziosi, veloci e più sicuri di qualsiasi sistema con parti meccaniche in movimento. Però è ingegnoso, complesso e affascinante.