Evvai!
Una buona notizia per chi vuole avviare i propri figli al tennis professionistico. Vi costerà l’attrezzatura e l’abbigliamento, vi costeranno l’allenatore e i campi ma ogni volta che i pargoli faranno un punto potranno tranquillamente gridare “Come on!” senza costi aggiuntivi.
Martedì un tribunale australiano ha respinto la domanda dell’ex numero 1 del mondo Lleyton Hewitt di registrare il marchio dell’espressione “come on” accompagnata dal pugnetto d’esultanza. Ora, è vero che Hewitt è noto nel circuito già da una decina d’anni per accompagnare insopportabilmente ogni punto con scene di esultanza belluina, meno nota invece è la sua paternità sul gesto.
In ogni caso il tribunale ha stabilito che il copyright sull’espressione rimanga a John Sheils, compatriota del tennista, che nel 2004 ha registrato il “come on” per preservarlo come patrimonio culturale del suo paese.
E se la storia vi sembra ridicola aspettate, c’è di meglio. Qualche anno fa lo svedese Kroon si arrabbiò profondamente per il tentativo di Hewitt di registrare il “come on” poiché egli stesso era riuscito a farne un business alla fine degli anni ’80 ma ne aveva poi perso i diritti a causa del mancato rinnovo della licenza.
Per quanto sembri assurdo c’è un sacco di gente che fa soldi a palate per aver brevettato delle espressioni. I casi più eclatanti sono quelli di Michael Buffer, commentatore sportivo americano che possiede “Let’s get ready to rumble”, Pat Riley allenatore di basket che gestisce “Three-peat”, Darrell Waltrip pilota Nascar con il suo “Boogity boogity boogity” e Paris Hilton che ha il copyright di “That’s hot”.