Una statua per Rosa Parks
C’è qualcosa creato solo dall’uomo che va oltre ogni logica che è la religione. Cioè più o meno mettere in un ordinato contesto quello che si sente sia l’entità del divino. I dinosauri ad esempio sono passati sulla terra facendo meno porcherie degli umani e sono stati annientati comunque senza inventare una religione, credo. Invece l’uomo sono più o meno tremila anni che non ha un gran che di problemi tipo predatori naturali, meteoriti, carestie -in cui il vicino, va ricordato, ha sempre avuto la scelta di dare a chi ha subito un pessimo raccolto- o cose di questo tipo, si scanna per problemi religiosi ma si guadagna con tantissimo ma davvero tantissimo affanno la “democrazia”.
Calare la religione in un contesto sociale come quello di una nazione (questo è un pensiero del tutto personale anzi, questo è un blog, tutti questi sono pensieri personali) mi è sempre sembrato un modo per uccidere due volte quello che probabilmente portiamo di divino nei nostri cuori o che ci è possibile vedere con i nostri occhi attorno a noi. Quello che è definito dai più “il creato”. E’ una specie di stacanovismo dell’infallibilità dell’immaginario senza possibilità di contraddittorio, mettiamola così. Io voglio portare le braghette alla marinara. No, non puoi. Perchè? Perchè lo dice Dio. A quel punto non puoi dire “Ok, fatemi parlare con Dio”. Non si puo’ e basta. A meno che non tiri fuori l’asso e dici che Dio è in ognuno di noi e che ti sta dicendo che le braghette le trova sexy e che a lui sta bene così. Anzi, sarebbe probabilmente preso come un atto di blasfemia. Il che non è davvero una cosa salutare se ci tenete alla pelle e siete in mezzo ad un dialogo con le persone che parlano di Dio o religione regolarmente.
In Israele di recente parlo di al massimo due settimane fa sono successe un bel po’ di cose spiacevoli. Lì ne succedono ogni giorno, per carità. Gente che tira dei razzi. Gente che ai razzi risponde coi carri armati. Gente che ai carri armati risponde facendosi saltare in aria gridando parole coperte poi da un’esplosione. Gente che riduce ad un lager la gente che vorrebbe farsi esplodere ma che intanto cova tremenda vendetta. Insomma, uno sfacimme come si dice in lingua partenopea. Ecco. Di recente però ho letto di un autogol fenomenale che ho seguito in varie testate on-line e poi è stato riassunto perfettamente da Il Post e qui riporto una parte che non è la peggiore:
“Doron Matalon, una soldatessa israeliana, era salita su un autobus che serviva una comunità ortodossa ed era stata aggredita da alcuni passeggeri: la donna infatti si era rifiutata di sedersi nella zona posteriore – riservata alle donne – e si era seduta insieme agli altri uomini.”
Ecco, io sarò anche un povero scemo, uno che fa i disegnini, però Rosa Parks è una delle più belle e miracolose pagine dello scorso secolo -e qui il termine miracolo ci sta perchè non c’è nulla di più incredibile che vincere sulla più perversa e schifosa furia della crudeltà umana che mette il pari nella posizione del diverso martoriandolo e umiliandolo senza nessun senso-. E’ lei che mi è venuta in mente e il libro di Martin Luther King che mi ero letto una buona decina di anni fa in inter-rail sulle tracce di una parte della storia di mia madre.
Non so se per voi abbia senso, ma chiedo pubblicamente che venga dedicata una statua a Rosa Parks a Gerusalemme, in un parco. Anzi, in un bel parco. E già che ci siamo una bella targa onoraria nel Mea She’arim, il quartiere dove è successa questa cosa, come monito a chi desidera calpestare i diritti dei diversi per sesso, razza o cultura. Per la religione no, arrangiatevi perchè è tempo perso: immaginate due persone che consultano il loro Dio e che poi si mettono d’accordo. E’ inutile affannarsi. Quindi dai, l’asticella teniamola sulle cose tangibili: sesso, razza, cultura. Non lo chiedo umilmente, non c’è nessuna umiltà da usare quando in una manciata di secondi guardando queste assurdità palesi si è consapevoli di richiamarsi alla sorgente di quello che dalla bocca di molti viene descritto con un deciso e possessivo “il Mio Dio”.
Ci sarà qualcuno che dice “Ah ma tu non capisci”. Forse è tempo di cominciare una strada in cui ci si voglia davvero fare capire, allora.