Martello e Hot Pants
Quando ho visto la locandina della fiera “Artigiano in Casteggio – l’artigianato si mette in mostra” ho fatto un salto sulla sedia. E l’ho fatto perché il patrocinio alla manifestazione l’avevo dato io. Mi è toccato autodenunciarmi: l’avevo concesso a inizio aprile, una firma su un modulo compilato dal richiedente, normale amministrazione per un assessore provinciale allo sviluppo economico e turismo. I materiali di comunicazione non sono allegati praticamente mai, perché spesso devono ancora prepararli; immaginate però la faccia che ho fatto quando ho visto la locandina: martelli e hot pants.
Ma è mai possibile che si debbano sempre utilizzare immagini di quarti di femmina umana per promuovere qualunque cosa? E dire che la società organizzatrice è di un’amica che conosco da vent’anni. L’ho subito contattata per chiederle spiegazioni: volevano rendere omaggio ad una pubblicità di slip di vent’anni fa. Ma pure quella era una citazione, di un’altra reclame ancora più vecchia: il “chi mi ama mi segua” dei jeans Jesus di quaranta anni fa. Che aveva fatto scandalo, ma per altre ragioni. Ho dovuto insistere per far capire che questo di oggi, nel 2015, non è un omaggio ma proprio un’offesa. Ho chiesto di modificare e ritirare il materiale, ma mi hanno risposto che non è possibile e che d’ora in poi faranno attenzione. Io di certo non parteciperò all’inaugurazione della fiera.
E qui è scattata la notizia per i media. Non è tanto o soltanto la locandina offensiva, ma l’assessora che non presenzia al taglio del nastro. I giornalisti dei giornali locali mi hanno raccontato che i passanti – interpellati davanti alla locandina – non avevano notato nulla di strano e, commentavano loro sconsolati, non c’è ancora la sensibilità a questi temi.
È proprio per questo che dobbiamo insistere. Trent’anni fa i ragazzi Down che mia nonna seguiva al centro diurno di Pavia venivano ancora definiti “mongoloidi”, ve lo ricordate? Chi oggi oserebbe farlo? Chi si ricorda ancora questa definizione orribile? La sensibilità nei confronti degli orientamenti sessuali cresce ogni giorno di più, è un tema politico quotidiano. Abbiamo attivato la sensibilità nei confronti della disabilità e ora della diversità.
Aumentiamo anche quella nei confronti della discriminazione di genere. È la battaglia più dura. È quella che mira ad escludere e poi opprimere metà del genere umano e passa anche attraverso “Chiappe e martello” una locandina di provincia che di banale non ha nulla. Non ha nulla di banale perché la sensibilizzazione deve essere presente nel quotidiano, non solo al livello dei grandi temi nazionali.
Io ho quarant’anni e passa, una locandina mi indigna ma non m’influenza, però si dà il caso che questa è affissa in centinaia di copie lungo le strade e alle porte dei bar di mezza provincia, sotto gli sguardi delle bambine che vanno a scuola, delle ragazze che preparano gli esami universitari, dei ragazzi che corrono agli allenamenti di calcio. Loro vengono influenzati eccome, il messaggio della mercificazione del corpo femminile passa davvero, perché i genitori e i nonni – i passanti interpellati dal giornalista – “non hanno notato nulla di strano”.
In questa battaglia perdiamo tutti, uomini e donne. Parlare di genere è un argomento scomodo, che mette a disagio tutti: gli uomini perché vengono schiaffati nel gruppo degli oppressori e le donne perché vengono relegate in quello passivo delle vittime. E tutti cercano scappatoie per evitare la trappola. I modelli del maschile e del femminile sono ancora troppo stretti e meschini, sono gabbie dove si comprimono le identità. Liberare le donne dalla mercificazione del corpo femminile significa liberare anche gli uomini dal machismo stantio che non rende onore neppure a loro e che anzi sta loro scomodo ormai; ho ricevuto tanti messaggi di solidarietà alla mia decisione di non partecipare all’inaugurazione da parte di molti uomini, miei concittadini, che non ne possono più di questa discriminazione qui e ora.
Forse la risposta per essere efficace e definitiva deve essere così: di uomini e donne insieme, qui e ora, nelle città e nelle province, dove ci si conosce tutti, e dove i passi falsi se li ricordano.