La pazienza degli elettori del PD è finita?
«Ogni potere umano è composto di tempo e di pazienza» scriveva Balzac nel 1833. I vertici nazionali del PD sono ancora d’accordo con lo scrittore francese, mentre la rete territoriale è ormai convinta che la pazienza sia una «forma minore di disperazione, travestita da nobile virtù», come affermava Ambrose Bierce nel 1911. E c’è pur sempre quasi un secolo di differenza tra i due punti di vista.
La base è scontenta e ci sarebbe da meravigliarsi del contrario: abbiamo perso le elezioni vincendole, abbiamo 101 “traditori” che hanno silurato Prodi alla carica di Presidente della Repubblica, governiamo con il PDL, finanziamo gli F35; difficile soddisfare così le aspettative legittime di chi ha votato il Partito Democratico. Di certo, sfidiamo la loro pazienza. Certo, la mediazione è il pane quotidiano della politica e del buon governare, ma non lo è invece il compromesso al ribasso, una tentazione a cui il PD rischia di cedere con troppa frequenza, anche all’interno di questo Parlamento e con questo Governo.
Per dispiegare tutta la sua “efficacia”, il compromesso al ribasso deve essere accompagnato dall’abitudine di decidere di non decidere e condito dall’appello alla responsabilità, possibilmente rivolto a coloro che – anche in Parlamento – non la pensano come la catena di comando del partito. Ma quando capita che abbiano ragione i secondi, son dolori. È normale che un grande partito contenga in sé differenti “personalità” perché è dal confronto interno che possono, anzi devono nascere posizioni politiche condivise; eppure temiamo le dinamiche del confronto, perché siamo un paese allergico al merito e alla competizione.
Sotto la cenere della rabbia che ha bruciato gli stanchi entusiasmi per la vittoria alle elezioni politiche sta la fibrillazione della rete PD per il prossimo congresso, perché lo percepisce -giustamente – come un punto di svolta strategico per gli assetti futuri non solo del partito, ma del quadro politico del paese. Ormai il calendario comincia a delinearsi: elezioni del segretario nazionale il 24 novembre, assemblea nazionale il 20 settembre per votare le regole del congresso che prevederanno, molto probabilmente, primarie riservate ai soli iscritti per le elezioni degli organismi locali (i circoli, il segretario provinciale) ma dovranno essere aperte a tutti per l’elezione del segretario nazionale; questa apertura deve essere mantenuta senza se e senza ma, anche se c’è chi, a livelli più alti, sta provando a chiudere. Questa opzione non è praticabile: il PD è stato un innovatore in Europa con le primarie aperte, nemmeno uno dei milioni di elettori condividerebbe la scelta di chiuderle.
Il compromesso al ribasso, l’appello alla responsabilità, il confronto evitato sono componenti delle dinamiche interne del PD che la rete territoriale tollera ormai a fatica e gli elettori non sopportano più: potrebbero costituire i fili intrecciati di una miccia, ormai.
Forse per soddisfare alcuni delle richieste della rete PD inevase, il 30 luglio è stata diramata una circolare a firma congiunta di Luigi Berlinguer, Antonio Misiani e Davide Zoggia dedicata all’annosa questione sulle contribuzioni degli eletti e nominati dal PD e sui casi di doppi incarichi. La questione è da sempre molto sentita dalla rete territoriale e infatti la stessa circolare rimanda espressamente agli «esposti e le segnalazioni pervenuti da diverse parti d’Italia in merito al mancato versamento dei contributi dovuti al PD da parte degli iscritti eletti negli organi consiliari ed esecutivi delle istituzioni pubbliche» nonché ai «ricorsi e i reclami avverso gli iscritti che ricoprono contemporaneamente incarichi elettivi o esecutivi in istituzioni pubbliche diverse tra loro senza aver ottenuto alcuna deroga». Il censimento dovrebbe consentire alla commissione nazionale di Garanzia di «assumere gli opportuni provvedimenti nei confronti di coloro che non si siano uniformati alle norme statutarie e regolamenti, versando quanto dovuto ovvero dimettendosi – in mancanza di apposita deroga – da uno degli incarichi ricoperti in istituzioni diverse fra loro».
In ogni caso, che sia sintomo di potere alla Balzac o di disperazione alla Bierce, la pazienza della base è finita, e forse le si concede di fare, almeno a casa propria, pulizia. Una manovra perché non dedichi tutta la sua attenzione al congresso?