Ladri di fuoco
Einstein diceva che i problemi non possono essere risolti dallo stesso livello di conoscenza che li ha creati.
Alla prima Leopolda, Matteo Renzi disse più o meno la stessa cosa: «Non ho nulla di personale contro D’Alema, Bindi, Veltroni e gli altri: ma non ce l’hanno fatta».
In effetti, a pensarci bene, quando si va a votare per cambiare le cose il nocciolo della questione sta tutto qui: nei problemi, che ci sono eccome; nella loro soluzione, che ancora latita, ma soprattutto nel livello di conoscenza di coloro che dovrebbero risolverli ma che continuano a stare troppo lontani dal reale.
Non c’è niente di personale in questa esigenza di rinnovamento, ma tanto, tantissimo di collettivo.
Non penso proprio che Matteo Renzi sia l’uomo della provvidenza. E non credo che lo pensi neppure lui. Anche perché non si cambia questo paese con un uomo solo; piuttosto, lo si imbriglia per divorarlo: è già successo.
Ogni storia di lotta prima e di successo poi si basa , invece, sulla capacità di donne e di uomini di assumersi l’impegno e la responsabilità di imprimere una svolta culturale a un certo ordine di cose. Sulla capacità cioè di essere ladri di fuoco, come diceva Rimbaud. D’altronde, il cambiamento è una delle forze più potenti di cui disponiamo e che possiamo controllare per costruire qualcosa di grande. Ognuno lo fa a modo suo: chi con il voto, chi con l’impegno attivo. L’importante è mantenersi ogni giorno liberi di abbandonare i modelli del passato e le vecchie abitudini, senza condizionamenti. Basta con gli elettori di destra e gli elettori di sinistra: li vogliamo tutti, per noi pari sono.
Ecco perché alle primarie del 25 novembre voto Matteo Renzi: perché si è preso la briga di essere un ladro di fuoco.