L’ingorgo in Cina e la Corea del Nord su Twitter
Due notizie dall’Estremo Oriente mi distolgono dalla cronaca italica e mi fanno sorgere qualche pensiero che si spinge un po’ più in là di dopodomani.
Vengono da due Paesi che ancora si dicono comunisti, la Cina e la Corea del Nord.
L’ideologia ufficiale della Corea del Nord si chiama “Juche”, predica l’autosufficienza nazionale e l’infallibilità del leader, e in base ai suoi dettami sono proibiti i cellulari e Internet. Però ha permesso la creazione di un account Twitter e uno su YouTube, “Uriminzokkiri”, che significa “il nostro popolo”; l’account Twitter ha riscosso un buon successo raggiungendo i 6800 iscritti, mentre sono un’ottantina i video caricati. Il regime intende evidentemente utilizzare la tecnologia per farsi un po’ di pubblicità con qualche slogan lanciato al momento giusto, e chissà, magari aumentare il consenso.
La Corea del Nord è una delle dittature più cupe del mondo, e non so esattamente come stiano le cose dal punto di vista tecnico. Ma non posso evitare di farmi tornare in mente il ruolo giocato proprio da Twitter in Iran nei giorni della cosiddetta “rivoluzione verde”: quei ‘cinguettii’ con i messaggi d’aiuto e le denunce dalle Università aprirono gli occhi al mondo mentre i pasdaran manganellavano giovani manifestanti e studentesse non abbastanza coperte. La Corea del Nord prova oggi a controllare la modernità e a incanalare la sua avanzata tentando di piegarla alle logiche del potere. Alla lunga, dubito che ce la farà.
Mi conforta in questa idea anche la seconda notizia che mi è capitata sott’occhio.
Si tratta dell’enorme ingorgo autostradale che in Cina ha coinvolto, per nove giorni, oltre diecimila veicoli e trentamila persone: per un banale restringimento di carreggiata si sono formati oltre 100 km di coda, che pare saranno smaltiti in un mese. Solo pochi anni fa questo sarebbe stato impensabile. Lo sviluppo dirompente della Cina, che ora è la seconda potenza economica del globo, ha conseguenze parametrate sulle dimensioni di quel Paese e dobbiamo considerare quell’ingorgo come un simbolo degli effetti di una corsa verso la modernità che non si riesce a controllare. Perché qualunque cosa si intenda per modernità, quando le si porge anche solo un dito, bisogna aspettarsi che si prenda almeno tutto il braccio. Se riesce impossibile gestire un ingorgo, c’è da chiedersi come o fino a quando si potrà gestire la voglia di libertà delle persone.
L’illusione di poter controllare gli spazi di libertà individuale che la modernità genera come suo portato è tipica di molti regimi, anche del passato, che hanno tentato di addomesticare il progresso. Intrinseco al progresso della tecnologia, nel nostro tempo, è il movimento espansivo della comunicazione, sui cui canali non corrono solo i dati economici ma anche le emozioni, i pensieri, le aspirazioni dei popoli.
Emuli dei talebani, gli integralisti islamici in Somalia forse hanno capito da dove arriva il pericolo, e dunque ordinano lapidazioni pubbliche per chi ascolta musica e guarda la televisione.
Benigno Zaccagnini nel lontano 1963 alla Camera, riferendosi al Muro di Berlino eretto l’anno innanzi, disse: “Noi sappiamo che anche questo muro verrà abbattuto; e non verrà abbattuto dai carri armati, ma dal cammino travolgente delle idee di libertà, di giustizia e di pace che ovunque avanzano nel mondo”. Zaccagnini morì quattro giorni prima della caduta del muro. Non so se noi faremo in tempo a veder cadere i muri in Corea e in Cina.
Sicuramente, il muricciolo di sabbia che il nostro piccolo raìs ha provato a erigere contro la libertà e la democrazia sta già franando miseramente.