Carige sarà un problema per il Movimento 5 Stelle?
Decidendo di salvare Banca Carige le forze della maggioranza hanno commesso lo stesso peccato di cui per anni hanno accusato i governi guidati dal PD: usare soldi pubblici per salvare banche private (qui abbiamo spiegato perché l’intervento su Carige non è diverso dal passato). Su questa contraddizione, l’opposizione ha affondato il coltello, con interventi soprattutto di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi.
Nelle ultime ore, i leader della maggioranza hanno cercato di rivoltare la vicenda a loro favore: «Loro salvano le banche, noi tuteliamo i risparmiatori», ha scritto Luigi Di Maio su Facebook. Ma dare uno spin positivo alla vicenda, come si dice in gergo, sarà abbastanza difficile: il decreto di salvataggio è identico a quello varato a fine 2016 dal governo Gentiloni.
Dovremo aspettare i prossimi giorni e l’evoluzione della vicenda per misurare se ed eventualmente quanto il governo sia stato danneggiato dal salvataggio, ma già ora si possono fare alcune considerazioni. La prima è che la Lega sembra aver scampato la tempesta molto più del Movimento 5 Stelle. Il partito di Salvini non si è particolarmente esposto in passato sul tema delle banche (non quanto il Movimento), mentre i suoi leader in questi giorni si sono tenuti lontani dall’argomento.
Inoltre, mentre dal partito di Salvini non si leva nessuna voce di protesta, il Movimento 5 Stelle è in subbuglio per via dei malumori di attivisti e di alcuni parlamentari. È un problema soprattutto per Luigi Di Maio, il cui ascendente su militanti, gruppi parlamentari e altri dirigenti è oramai intaccato da una serie di sconfitte politiche di cui Carige è solo l’ultima in ordine di tempo (non sembra un caso che il suo principale alleato/rivale interno, Alessandro Di Battista, non si sia espresso sulla vicenda nemmeno con una dichiarazione).
Per il Movimento 5 Stelle in generale, invece, la situazione non sembra altrettanto difficile. Alla stragrande maggioranza dei suoi elettori interessano poco le tecnicalità dei salvataggi bancari e al massimo potrebbe preoccuparsi per le conseguenze concrete di quegli interventi.
Per il momento, però, il salvataggio di Carige non sembra destinato a comportare gli effetti nefasti che ebbe la risoluzione di Banca Etruria e delle altre tre banche popolari nel 2015, cioè l’azzeramento di circa diecimila obbligazionisti subordinati che in breve riempirono le piazze e i talk show con le loro proteste.
Al momento, gli amministratori della banca dicono che le garanzie offerte dal governo saranno sufficienti a traghettare Carige fino all’acquisizione da parte di un altro istituto, senza che questo causi ulteriori problemi agli investitori. Ma anche se la situazione dovesse precipitare, l’impatto potrebbe comunque essere ridotto.
In caso non si trovi un acquirente privato, il governò sarà costretto a entrare nel capitale della banca. A quel punto le regole europee imporrebbero il “burden sharing”, cioè la condivisione degli oneri con azionisti e obbligazionisti. A differenze delle banche salvate in passato, però, Carige non ha in circolazione praticamente nessuna obbligazione subordinata (le prime che vengono azzerate in queste circostanze), ma soltanto 3,3 miliardi di euro in obbligazioni senior, quasi tutte in mano a piccoli risparmiatori.
Sembra molto improbabile che la situazione possa diventare tanto grave da costringere il governo a intervenire persino sulle obbligazioni senior (un intervento mai realizzato fino ad oggi). Se si arrivasse a quel punto sarebbe una catastrofe politica che per volume di investimenti coinvolti potrebbe arrivare ad essere fino a dieci volte maggiore dell’azzeramento degli obbligazionisti delle quattro banche popolari.