In difesa di Rocco Casalino
L’unica cosa certa sul portavoce del presidente del Consiglio Rocco Casalino è che ha scelto male le persone di cui fidarsi. Ha passato informazioni riservate e confidenze personali a giornalisti che le hanno fatte girare nell’ambiente dei cronisti politici fino a che qualcuno non le ha pubblicate. Sono colpe sufficienti per ricevere una lavata di testa dal proprio capo, ma non abbastanza per pretendere dimissioni immediate e tantomeno per iniziare un processo contro di lui da parte dell’Ordine dei giornalisti.
Se proprio volessimo indagare dovremmo farlo piuttosto per scoprire chi ha diffuso le registrazioni in cui Casalino faceva chiaramente capire che stava facendo confidenze riservate e per questo tutelate dalla deontologia giornalistica (qui ad esempio si sente chiaramente Casalino dire “mettila come fonte parlamentare”). Secondo i critici però il contenuto di quelle registrazione è comunque inaccettabile.
Nella prima si sente Casalino attaccare i tecnici del ministero dell’Economia, che in risposta alle sue critiche hanno detto di essere pronti a “tornare sulle Dolomiti“. Il Movimento 5 Stelle era così determinato a spalleggiare Casalino che non ha nemmeno tentato di invitare questi tecnici a mettere in pratica la loro promessa. A tanto ammontano le famose “minacce di Casalino” per le quali è sotto procedimento disciplinare dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia. L’idea di Casalino che una registrazione mette in pericolo la democrazia è troppo risibile per essere discussa seriamente.
La seconda registrazione, quella uscita ieri e che contiene i commenti sul ferragosto saltato a causa del crollo del ponte Morandi, rivela di più su Casalino come essere umano che sulla salute della nostra democrazia. La storia è questa: tre giorni dopo il crollo del ponte, al culmine di un’emergenza che rappresentava il culmine della sua carriera fino a quel momento, Casalino si è dimostrato scostante e nervoso e con alcuni giornalisti si è lasciato andare a commenti personali fuori luogo che inevitabilmente gli si sono rivoltati contro.
Dalla registrazione emerge chiaramente un modo poco professionale di gestire la vicenda e questo, tra le altre cose, dovrebbe fare l’effetto di una doccia fredda a tutti i sostenitori della tesi secondo cui Casalino è un demiurgo e la comunicazione del Movimento 5 Stelle una macchina inarrestabile (e il fatto che, nonostante questo, la vicenda del ponte si possa considerare per ora un successo comunicativo del governo dovrebbe farci riflettere anche su quanto le impressioni che il pubblico riceve di un certo episodio sono in buona parte frutto di fattori imponderabili slegati dalle alchimie degli esperti di comunicazione politica).
Oggi spetta Giuseppe Conte decidere se vuole continuare ad aver come portavoce qualcuno che gli ruba così spesso la scena e per lo più per ragioni negative e forse davvero Casalino dovrebbe fare una scelta tra essere il portavoce del presidente del Consiglio e rimanere lo spin doctor e capo della comunicazione della più grande forza politica del paese, due ruoli difficili da ricoprire anche per il più abile dei professionisti.
Ma se Casalino è criticabile per il suo stile e per i suoi metodi, la gran parte degli attacchi che ha subito in questi giorni sono ingiusti. I fatti sono che Casalino non si comporta in maniera così diversa da quanto hanno fatto altri potenti portavoce in passato. Anzi, deve essere detto chiaramente che la demonizzazione che subisce è particolarmente grottesca in un paese dove Berlusconi per anni ha controllato direttamente tutte le principali televisioni del paese e poteva permettersi di licenziare conduttori e direttori con una dichiarazione televisiva.
Quello che davvero oggi non gli viene perdonato è non essere uno del club. Casalino non ha i modi felpati e il pedigree dei suoi predecessori, caratteristiche così importanti in un paese tacitamente classista come il nostro. È un figlio di emigrati, cresciuto in Germania e diventato famoso con la televisione. Per questo le blande minacce che ha rivolto ai giornalisti, criticate e criticabili (anche se sembrano parlare più della sua insicurezza che di quella dei giornalisti minacciati) sono valutate peggio e riprese cento volte più che quelle altrettanto comuni e spesso ben più concrete fatte in passato.
Casalino è diventato così il paravento che serve a ignorare il rapporto peloso e perverso che da decenni il potere politico italiano ha con la stampa. Forse un giorno diventerà davvero il Joseph Goebbels del governo totalitario che si instaurerà nel nostro paese. Oggi però non è così. Sulle sue spalle è stato messo un peso enorme che non merita. Anche solo per questo, dopo tante critiche, vale la pena di difenderlo.