Cosa farei se fossi Matteo Salvini
Il segretario della Lega Nord Matteo Salvini si trova da qualche settimana in una posizione molto difficile. Il PD lo sta incalzando sul suo stesso terreno. Il ministro dell’Interno, Marco Minniti, ha adottato una linea intransigente sull’immigrazione, pienamente appoggiata dal suo segretario, Matteo Renzi. I numeri degli sbarchi sono diminuiti e i giornali hanno salutato il successo della linea Renzi-Minniti. «Le stanno togliendo il terreno sotto i piedi – ha detto l’editorialista del Corriere della Sera Antonio Polito a Matteo Salvini, durante l’ultima puntata di diMartedì – Il PD l’ha imitata così bene che l’ha superata».
Salvini è stato costretto ad ammettere il successo dei suoi avversari. «Sono contento che applicano le ricette che la Lega propone da anni – ha risposto – ora è il momento di dedicarsi alle altre priorità del paese». Salvini a quel punto ha elencato gli altri punti salienti del suo programma: asilo nido gratis, sostegno ai disabili, 400 euro ai genitori divorziati, dare un lavoro e dare una pensione decente agli italiani. Sono promesse popolari, ma che non hanno il mordente delle invettive contro l’immigrazione. Suonano logore e già sentite.
La sua altra proposta forte, la “flat tax”, rischia di sembrare altrettanto velleitaria. Sono anni che gli italiani si sentono promettere riduzioni delle tasse. Salvini dice di volerle ridurre fino al 50 per cento e rischia semplicemente di non risultare credibile. Sull’ultimo tema che gli rimane, l’uscita dall’euro, è stato costretto a fare marcia indietro, adottando una posizione ambigua che cerca di tenere dentro tanto i sostenitori dell’uscita dalla moneta unica quanto coloro che restano scettici.
Accanto a queste difficoltà “strategiche”, Salvini deve affrontare anche la minaccia “tattica” di Silvio Berlusconi, il leader di Forza Italia che tutti gli opinionisti danno per miracolosamente risorto dalla sua débâcle politica e giudiziaria. Nonostante la Lega sia data dai sondaggi in vantaggio su Forza Italia, l’ex cavaliere ha ripetuto ieri che lui rimane l’indiscusso leader del centrodestra e ha aggiunto che il suo partito rimane moderato, saldamente ancorato al Partito Popolare Europeo, all’euro e ai valori del centrismo.
Di fronte a questa minaccia alla sua “sinistra” si comprende più facilmente la decisione di Salvini di fare l’occhiolino agli antivaccinisti, all’estrema destra, persino ai neofascisti. Con Berlusconi che preme dal centro, il segretario della Lega si sente costretto a spostarsi verso destra, alla ricerca di nicchie di elettori sempre più radicali.
Ma spostarsi sempre più verso destra è una strategia vincente? Di sicuro sembra la più facile da mettere in atto. L’attuale legge elettorale è un proporzionale senza coalizioni che incentiva a presentarsi da soli con un programma chiaro e un’identità forte. Salvini può correre da solo con una piattaforma estrema e puntare a diventare il primo partito del centrodestra. Con un po’ di fortuna potrebbe ottenere un numero di seggi sufficiente a bloccare la formazione di qualsiasi maggioranza in Senato e così imporre i tempi delle prossime elezioni. È un piano a lungo termine, in cui Salvini rimanda lo scontro definitivo con Berlusconi ad un momento in cui l’età e le circostanze lo avranno definitivamente tolto di mezzo.
D’altro canto la situazione delle finanze della Lega non è affatto buona. I conti correnti del partito sono stati bloccati e la Corte d’appello potrebbe confermare la sentenza con cui il tribunale di primo grado ha condannato il partito a versare 49 milioni di euro di risarcimento in seguito allo scandalo Bossi-Belsito. In queste condizioni precarie, il partito potrebbe non essere in grado di reggere due campagne elettorali in pochi anni, con in mezzo anche le regionali di Lombardia, Veneto e Piemonte. Salvini ha probabilmente bisogno di un rapido ed eclatante successo elettorale – come portare la Lega Nord al 20 per cento alle prossime politiche – così da mettere al sicuro le finanze del partito e mettere a tacere i suoi avversari interni che, seppur momentaneamente sconfitti, non aspettano che un suo errore per rovesciarlo.
Ma un successo spettacolare sembra difficile da ottenere parlando solo di sostituzione etnica degli italiani, di vaccini e di tasse al 20 per cento. Soprattutto se nell’inseguimento dell’elettorato sensibile a queste tematiche radicali Salvini deve fare i conti con il Movimento 5 Stelle, che fino a questo momento sembra aver avuto molto più successo di lui nel raccogliere il voto radicale. Oggi, il partito di Grillo funziona come un argine che da Roma in giù impedisce a Salvini di conquistare le sacche di insoddisfazione a cui fa appello il suo messaggio. Sembra difficile, quindi, salire molto oltre l’attuale 15 per cento stimato dai sondaggi proseguendo su questa strada.
L’unica alternativa a questa strategia “radicale” passa per una strada molto stretta. Se Salvini da solo non può arrivare al 20 per cento – e tanto meno al governo – può tentare la scalata al centrodestra: allearsi con Forza Italia ora che il partito di Berlusconi appare debole e proporsi come nuovo leader egemone del centrodestra. In parte è quello che sta cercando di fare da settimane. Alla festa di Pontida, domenica scorsa, ha detto chiaramente che intende diventare la guida del prossimo governo e il leader della coalizione. Per la prima volta nella storia della manifestazione ha invitato a parlare sul palco il dirigente di un altro partito: Giovanni Toti, governatore della Liguria e uno dei più fieri sostenitori della necessità di allearsi con la Lega Nord.
Per far parte di una simile coalizione Salvini probabilmente dovrà moderare la sua retorica, come in parte ha già fatto sull’euro, perché per farsi votare dall’elettorato benestante di Forza Italia avrà bisogno di rassicurarli e dimostrare che non ha in mente colpi di testa che potrebbero mandare in fumo i loro risparmi. Ancora più difficile, però, sarà cambiare la legge elettorale per rendere possibile una futura coalizione. L’ultimo tentativo è fallito a causa dell’opposizione del Movimento 5 Stelle e dei franchi tiratori dentro Forza Italia e PD. Un nuovo tentativo di riforma è giudicato possibile, ma molto difficile.
Che fare quindi? Se io fossi Salvini resterai saldo sulle posizioni più radicali e indirizzerei la maggior parte dei miei attacchi al Movimento 5 Stelle, che al momento è votato dall’elettorato che mi interessa di più. Non taglierei i ponti con Forza Italia, però, e sotto banco cercherei in ogni modo di arrivare a una legge elettorale che consenta le coalizioni. Se una simile riforma riuscisse a passare mi giocherei il tutto per tutto alle primarie di coalizione, puntando a diventare il candidato presidente del Consiglio di tutto il centrodestra.