Prendere D’Alema sul serio
Prendiamo D’Alema sul serio per un attimo. Prendiamo sul serio il suo progetto di creare un partito a sinistra del PD che possa presentarsi alle prossime elezioni e raccogliere il 10 per cento dei voti (D’Alema è “sicuro” che accadrà, ha detto, perché “ha fatto delle ricerche“). È un progetto che sta attirando molte attenzioni: quelle del governatore della Puglia Michele Emiliano, del sindaco di Napoli Luigi De Magistris e, in questi giorni, persino quelli della minoranza PD.
Prendiamo sul serio questo progetto e proviamo a immaginare a cosa punta e cosa potrebbe ottenere. Nello scenario migliore, D’Alema raggiunge due risultati: il primo, porta a casa il 10 per cento dei voti e quindi entra sia alla Camera che al Senato (dove la soglia di sbarramento è all’8 per cento). Il secondo: impedisce a Renzi di prendere il 40 per cento e ottenere il premio di maggioranza che consente al PD di governare da solo.
È un obiettivo realizzabile? Tutto fa pensare che sia molto difficile. Da quando esiste il PD, la sinistra radicale ha faticato a conquistare anche solo la metà dei voti che D’Alema è sicuro di raggiungere. Nel 2008, Bertinotti ottenne il 3 per cento dei voti, stesso risultato ottenuto da SEL nel 2013 (a cui, volendo, si potrebbe aggiungere il 2 per cento di Ingroia). Per vedere una sinistra-sinistra che si avvicini al desiderio di D’Alema dobbiamo tornare al 1996, quando Rifondazione Comunista ottenne l’8 per cento.
Se difficilmente D’Alema raggiungerà il 10 per cento, può almeno usare il suo partito come arma per togliere ogni possibilità a Renzi di raggiungere da solo il 40 per cento? Se al referendum costituzionale D’Alema, Emiliano e Bersani si fossero schierati per il “Sì”, oggi la loro minaccia avrebbe un certo peso. Potrebbero dire a Renzi qualcosa del tipo: «Con noi a bordo hai faticato ad arrivare al 40 per cento, figurati cosa accade se noi ce ne andiamo». Ma il 4 dicembre, D’Alema e gli altri erano tutti per il “No” e Renzi è comunque arrivato al 40 per cento. Che ci riesca ancora è tutto da vedere, ma il voto di dicembre ha dimostrato che per farlo non ha bisogno della sinistra-sinistra.
Ma immaginiamo che comunque vada tutto liscio, come nello scenario ideale pronosticato da D’Alema: Renzi non raggiunge la soglia che dà diritto al premio e la sinistra-sinistra riesce a ottenere il 10 per cento. La matematica ci dice che se il PD non arriva al 40 per cento, il 10 per cento di D’Alema non è sufficiente a raggiungere la maggioranza. Questo significa che per formare un governo ci sarà bisogno di nuovo di allearsi con Berlusconi o con qualche altra forza centrista: cioè riproporre esattamente lo stesso scenario di un mese e mezzo fa. Se invece la sinistra-sinistra resta fedele a sé stessa e rinnega qualsiasi “inciucio”, l’unica alternativa che resta sono nuove elezioni.
Quindi ricapitoliamo: nel migliore di casi, la sinistra di D’Alema diventa la stampella di un nuovo governo di larghe intese con ogni probabilità guidato da Renzi. Nel peggiore, il paese si ritrova in uno scenario spagnolo, senza possibilità di formare una maggioranza e costretto a tornare a nuove elezioni in breve tempo. E tutto questo se, per un attimo, D’Alema lo prendiamo sul serio. Ma magari anche lui sta solo scherzando.