L’imbarazzante caso di Bernardino León
«Oggi siamo al punto più basso per i negoziati in Libia», dice Mattia Toaldo, ricercatore presso l’ECFR. Solo un mese fa c’era un barlume di ottimismo per il futuro del paese: il mediatore ONU aveva presentato un piano per creare un governo di unità nazionale, i due parlamenti avevano iniziato a discuterlo e l’Italia, insieme ai partner internazionali, era pronta a inviare una missione di supporto militare al nuovo governo.
Ma nelle settimane successive i parlamenti dei due governi che si dividono il paese non sono riusciti a votare la proposta di accordo. Le discussioni si sono trascinate una settimana dopo l’altra e i duri di entrambi gli schieramenti hanno cercato di sabotare il dialogo. Poi, mercoledì, è scoppiata la bomba. Il mediatore dell’ONU, Bernardino León, ha annunciato che terminato il suo incarico di mediatore andrà a lavorare per 50 mila dollari al mese nell’accademia di formazione diplomatica degli Emirati Arabi Uniti, un paese che non solo è coinvolto fino al gomito negli affari della Libia, ma che appoggia esplicitamente uno dei due governi, quello orientale di Tobruk.
Una serie di mail pubblicate dal Guardian dimostra che León stava contrattando i dettagli del suo nuovo lavoro negli Emirati Arabi Uniti fin da giugno 2015. Nel dicembre 2014 León scriveva di essere al lavoro ad una soluzione che “non includa tutti” e che la sua strategia era di “delegittimare il governo di Tripoli” e “separarlo” dal suo principale alleato, il consiglio che governa la città di Misurata. Proprio in quei giorni, il New York Times rivelava che aerei degli Emirati Arabi Uniti avevano bombardato posizioni militari del governo di Tripoli.
In alcune mail ottenute dal sito Middle East Eye, León fa capire esplicitamente per conto di chi sta lavorando. Il 31 dicembre scrive al ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, il principe Abdullah bin Zayed al-Nahyan: «Tutti i miei movimenti e le mie proposte sono stati suggeriti (e in alcuni casi scritti e pensati) dal governo di Tobruk e da Aref Nayed e Mahmud Jibril (con i quali parlo quotidianamente) in seguito alla Vostra richiesta”. Jibril e Nayed sono due politici libici che vivono negli Emirati Arabi Uniti. «Non avevo mai sentito nulla del genere – dice Toaldo – Se León non avesse confermato l’esistenza delle mail probabilmente nessuno ci avrebbe creduto».
Dopo le rivelazioni, il governo di Tripoli – quello che León ha cercato di danneggiare nel corso del suo lavoro come mediatore – ha detto di volere ancora un accordo di pace e che quella che si è persa è soltanto la fiducia in un singolo mediatore. «È probabile che in qualche modo i negoziati proseguiranno – dice Toaldo – anche perché nessuno vuole apparire come quello che li ha fatti saltare, ma sarà probabilmente poco più di una finzione».
León ha terminato il suo incarico oggi e gli succederà il diplomatico tedesco Martin Kobler. «L’unica speranza è che Kobler, che è più esperto di Medio Oriente, permetta alle due parti di girare pagina e di far ripartire le trattative. Ma sarà comunque un passo indietro». In altre parole dovremo ricominciare tutto da capo e la Libia resterà ancora a lungo un caso, con i suoi jihadisti, le sue milizie fuori controllo, i suoi trafficanti di esseri umani. E questo, nello scenario migliore.
Questo è dodicesimo “dispaccio” di una serie settimanale con cui cercherò di raccontare le guerre che stanno attraversando il mondo musulmano. Qui ho raccontato il progetto. Qui potete trovare gli altri dispacci.