La bufala del pane buttato per legge
Da Libero
Ogni giorno in Italia vengono buttati nell’immondizia 13 mila quintali di pane, abbastanza da riempire due campi da calcio. Perché non regalare questo pane ai poveri? Negli ultimi giorni si è diffusa la notizia che a impedirlo ci sarebbe una legge che impone ai panificatori di gettare via il pane che resta invenduto a fine giornata. Sembra una delle tante storie assurde che punteggiano l’Italia della crisi. A volte però le storie che sembrano troppo assurde per essere credute semplicemente non sono vere. Quella del pane buttato per legge è una di queste.
Luca Falasconi, ricercatore dell’università di Bologna, spiega che non c’è nessuna legge che impedisce di donare pane ai poveri. Anzi: donare il pane in beneficenza è conveniente per tutti. Su questo principio, Falasconi e altri soci ci hanno costruito un business. Si chiama Last Minute Market ed è una società che lavora in provincia di Bologna e che si occupa proprio di mettere in comunicazione le attività di beneficenza con gli esercizi commerciali che hanno eccedenze di ogni tipo. Comprese quelle alimentari e compreso il pane.
Si tratta di una classica situazione in cui tutti vincono. Gli esercizi commerciali, in particolare i supermercati, ottengono sconti fiscali grazie alle donazioni che fanno e le attività di beneficenza ottengono gratuitamente il pane da utilizzare nelle loro mense. Non è un processo automatico: sono necessarie autorizzazioni e bisogna compilare carte, ma non è impossibile, anzi. Nel 2012 anche il Comune di Roma ha messo in piedi un servizio simile e ha stanziato 150 mila euro per aiutare le associazioni benefiche a raccogliere il pane invenduto. Il vero problema dello spreco, infatti, è tutto qui: regalare il pane costa. Partiamo dall’inizio: da dove nasce lo “spreco”. La grande distribuzione, cioè i supermercati, ordina quasi sempre quantità di pane superiori al proprio fabbisogno. Per motivi di marketing è importante avere pane da vendere fino all’orario di chiusura (se alle sette di sera il vostro supermercato di fiducia avesse già finito il pane probabilmente andreste a fare la spesa da un’altra parte). Una volta chiuso l’esercizio questo pane in eccesso va smaltito e smaltirlo ha un costo. Molto spesso la grande distribuzione si accorda affinché siano gli stessi panificatori a ritirare l’invenduto e questo può portare ad un aumento del prezzo del pane. È qui che interviene ad esempio Last Minute Market: aiutando i supermercati a smaltire l’invenduto gli permette anche di acquistare pane a un prezzo inferiore.
Dove non sono presenti associazioni come Last Minute Market o come il programma promosso dal comune di Roma cominciano i problemi. Andare a prendere il pane invenduto al supermercato o dal fornitore, infatti è un costo: serve la benzina per andare a prenderlo, bisogna pagare un autista e dei manovali che carichino il pane. È ancora possibile farlo nelle piccole realtà. Secondo Francesco Marsico, responsabile area nazionale della Caritas: “Mense piccole, come quella di Lecco, possono basarsi quasi esclusivamente sulle donazioni per le forniture di pane”. Nelle grandi città il discorso è diverso. Marsico ha spiegato che ad esempio la Caritas di Roma per fornire il pane alle sue mense si basa su un servizio di catering. Si tratta di un costo, ma è una pratica economicamente vantaggiosa rispetto a pagare qualcuno che faccia il giro dei supermercati della città per raccogliere il pane invenduto. Mense molto grandi, inoltre, hanno bisogno di quantità fisse di pane e non possono basarsi sulla casualità della quantità invenduta di giornata.
Certo, tredicimila quintali al giorno sembrano abbastanza da riempire anche la più grande delle mense, ma si tratta di una cifra affidabile? Secondo le associazioni dei panificatori, come Assipan, a Milano e Roma restano invenduti ogni giorno circa 150-200 quintali di pane. Non è possibile che il resto d’Italia, da solo, abbia un invenduto di 12.600 quintali. Tredicimila, infatti, non è il totale del pane invenduto, ma il totale del pane gettato, compreso quello che buttano via le famiglie (cioè il pane vecchio, magari mezzo mangiato, che avanza dalla cena). Insomma: con questa cifra c’entrano le nostre abitudini: non i panettieri o i supermercati. E tanto meno le leggi.