Lo stipendio di Alemanno
Non è vero che Alemanno, una volta eletto sindaco, ha percepito due mesi di stipendio da parlamentare e ci sono diverse cose da dire sulla ricchezza dei più anziani, su cosa accadrebbe se li mandassimo in pensione per far lavorare i giovani e su quanti voti ha perso Berlusconi alle ultime elezioni. Sono l’unico vero errore e alcune imprecisioni fatte ieri nel corso della puntata di Ballarò.
Durante il confronto a distanza che si è tenuto tra i due candidati al ballottaggio per eleggere il sindaco di Roma, Ignazio Marino ha accusato Gianni Alemanno di aver preso per due mesi lo stipendio da parlamentare prima di dimettersi per diventare sindaco.
È vero che Alemanno attese di vincere il ballottaggio prima di dimettersi dalla Camera dei deputati, ma non trascorsero due mesi. Alemanno venne eletto al ballottaggio il 28 aprile 2008. Annunciò le sue dimissioni il 30 aprile e divennero effettive con un voto della camera il 10 giugno. Non possiamo sapere se Alemanno percepì il primo stipendio, quello per il mese di maggio, ma di certo non percepì lo stipendio di giugno, visto che era già decaduto.
Carla Cantone, segretario della federazione dei pensionati della CGIL, ha sostenuto che circa 12 milioni di pensionati tengono in piedi le famiglie dei loro figli e nipoti, a volte rinunciando alle cure mediche e ai pasti. Ha anche sostenuto che la povertà per un anziano è più grave che per un giovane e che l’IMU è stata pagata principalmente dai pensionati.
Si tratta, nell’ordine, di un’affermazione inverificabile – anche se entro certi limiti indubbiamente vera – di un’opinione legittima e di un’altra affermazione abbastanza sbagliata: il 40 per cento dei proprietari di immobili è pensionato, il 60 per cento non lo è, quindi è difficile sostenere che l’IMU sia stata pagata sopratutto dai pensionati. Più in generale, per quanto la situazione di alcuni pensionati sia indubbiamente difficile, per fare un discorso più completo su quale sia la situazione generale degli anziani in Italia bisogna fare riferimento ad alcune statistiche.
Secondo un’indagine della Banca d’Italia (la tabella che ci interessa è a pagina 24) la percentuale di ricchezza detenuta dai più anziani in Italia è andata costantemente aumentando negli ultimi anni. Nel 1991 gli italiani sopra i 55 anni detenevano nel complesso il 38 per cento della ricchezza netta nazionale. Nel 2010 la quota è arrivata al 57 per cento, divisa tra il 24 per cento detenuto da chi ha tra i 55 e i 64 anni e il 33 per cento di chi ne ha più di 65.
Questo aumento può essere in parte imputabile all’invecchiamento della popolazione: più aumenta la percentuale di italiani sopra i 55 anni, più aumenta la loro quota di ricchezza. Ma l’invecchiamento della popolazione non sembra essere sufficiente a spiegare l’aumento della loro quota di ricchezza. Nel 1991 gli italiani sopra il 55 anni erano il 27,1 della popolazione, nel 2009 erano il 32,3 per cento della popolazione: un aumento di circa il 5 per cento a fronte di un aumento della loro ricchezza – più meno negli stessi anni – di circa il 19 per cento (qui la serie storica dell’Istat). Del tema di come la ricchezza in Italia si sia spostata dai più giovani ai più anziani si parla anche in questo documento della Banca d’Italia.
Cantone ha anche sostenuto che si potrebbe aumentare l’occupazione giovanile mandando prima in pensione i più anziani. Si tratta della cosiddetta “staffetta” ed è un tema che è stato recentemente affrontato anche dal governo. Ad orecchio sembra un’idea intelligente e di buon senso, ma in realtà, secondo diversi economisti è un’idea priva di ogni fondamento economico. Tra le argomentazione più critiche potete trovare quelle Tito Boeri e Vincenzo Galasso qui e quelle di Andrea Moro qui (qui un articolo dell’Economist sullo stesso argomento).
Giovanni Floris ha brevemente discusso con Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, ricordandogli che il risultato del PdL alle ultime elezioni politiche è stato particolarmente negativo in termini di voti persi rispetto alle elezioni precedenti. Sallusti ha aggirato l’affermazione, replicando che Berlusconi ha sostanzialmente, se non effettivamente, vinto tutte le ultime elezioni.
Per quanto Sallusti non abbia negato l’affermazione di Floris, è utile ricordare che effettivamente è dal 2001 che i voti ottenuti da Silvio Berlusconi sono costantemente calati (nel 2001 e nel 2006 bisogna sommare i voti di AN con quelli di Forza Italia). Nel 2001 AN e Forza Italia ottennero circa 15 milioni di voti. Nel 2006 i voti furono poco più di 13 milioni e mezzo, più o meno la stessa cifra ottenuta dal PdL nel 2008. Alle ultime elezioni il PdL ha ottenuto soltanto 7 milioni e 300 mila voti, meno di quanto prese Forza Italia da sola nel 1994, 1996, 2001 e 2006.