G8, corruzione internazionale e condoni
Non è vero che la lotta alla criminalità organizzata praticata dal governo Berlusconi è diventata un modello internazionale e il caso Finmeccanica c’entra davvero poco con il caso BAE Systems. Sono alcuni degli errori e delle imprecisioni commessi ieri nella puntata di Ballarò.
Secondo Angelino Alfano i risultati del governo Berlusconi nella lotta alla criminalità organizzata: «Sono stati individuati nel mondo come la piattaforma di contrasto alla criminalità organizzata». Ad una domanda di Floris, Alfano ha spiegato che nel documento finale del G8 Giustizia e Interni del 2009, venne copiata la piattaforma di contrasto alla criminalità organizzata dell’allora ministro dell’interno Roberto Maroni e più in generale del Governo Berlusconi.
Qui potete leggere la dichiarazione finale del G8 Giustizia e Interni del 2009. Alla voce “Criminalità organizzata e transnazionale”, lunga circa una pagina e mezzo, non è presente nessun accenno al governo Berlusconi, al ministro Maroni e non viene illustrato nessuna piattaforma o piano per la lotta alla criminalità organizzata. Nel documento si parla della generica necessità di rintracciare e sequestrare i patrimoni della criminalità organizzata – una considerazione abbastanza ovvia – senza nessun riferimento all’esperienza italiana.
Giorgio Mulé, direttore di Panorama, ha raccontato che il governo Blair chiese di cessare le indagini sulle tangenti pagate dalla BAE Systems – un’azienda che tra le altre cose produce anche armi e veicoli militari – all’Arabia Saudita per «superiore interesse nazionale». Mulé ha utilizzato questo esempio per criticare la condotta del governo nel recente caso che ha coinvolto Finmeccanica – un’azienda che produce armi e che è indagata dalla magistratura italiana per il sospetto di aver pagato tangenti al governo indiano per favorire la vendita di alcuni elicotteri.
L’episodio raccontato da Mulé è noto come il caso Al-Yamamah, dal nome si una serie di contratti per la vendita di armi sottoscritti tra la BAE Systems e l’Arabia Saudita. Si tratta di una vicenda cominciata nel 2004 e non ancora del tutto conclusa. All’epoca il governo Blair venne molto criticato per la sua condotta e la faccenda rischiò di causare un grave incidente diplomatico con l’Arabia Saudita. Per diversi motivi il paragone tra il caso Al-Yamamah e il caso Finmeccanica c’entrano bene poco l’uno con l’altro.
L’indagine sulla BAE Systems – a differenza di quella su Finmeccanica – non era nelle mani della magistratura, ma del Serious Fraud Office (SFO) che è un ufficio indipendente del governo. Tony Blair effettivamente richiese all’Attorney general – una sorta di avvocato dello stato dal quale dipende l’SFO – di abbandonare le indagini. La richiesta però non era motivata dall’interesse economico del Regno Unito – almeno ufficialmente – ma dai rischi per la sicurezza nazionale del paese. L’Arabia Saudita, infatti, aveva minacciato di interrompere la collaborazione con i servizi segreti inglesi se le indagini fossero continuate.
Lo SFO decise, sotto pressioni, ma in autonomia, di interrompete le indagini. La convenzione contro la corruzione internazionale OCSE, a cui aderiscono sia il Regno Unito che l’Italia, vieta infatti di interrompete le indagini quando queste minaccino l’interesse economico di un paese, ma lo concede quando minacciano la sicurezza nazionale. Un tribunale inglese condannò la decisione dello SFO, ma la sentenza venne poi ribaltata dalla Camera dei Lord. Il caso suscitò molto clamore e polemiche nel Regno Unito ed è tuttora in corso un’indagine dell’OCSE sul caso.
Pierferdinando Casini ha sostenuto che dopo il condono fiscale ed edilizio del 2003, Silvio Berlusconi avrebbe promesso di non fare mai più condoni. Non siamo stati in grado di trovare una dichiarazione in cui Berlusconi esplicitasse questo suo pensiero. «Ma più condoni» lo disse chiaramente l’allora ministro dell’economia nel 2008, Giulio Tremonti e lo disse nel 2004 anche l’allora ministro Domenico Siniscalco. All’epoca, disse Siniscalco, Berlusconi era d’accordo con lui sul fatto che la stagione dei condoni fosse finita.
E infine, per concludere, qualche piccola pignoleria. L’economista Marina Brogi ha sostenuto che la Banca Mondiale ha stimato in 60 miliardi di euro il costo della corruzione in Italia. La stima, in realtà, è della Corte dei conti italiana. Umberto Ambrosoli ha detto che con l’abbassamento delle aliquote IRAP previsto dal suo programma le aziende lombarde risparmierebbero 350 miliardi. Si è trattato di un refuso per milioni, visto che il gettito IRAP in tutta Italia è di circa 32 miliardi.