Dottor Matteo e mister Renzi
Nella lunga intervista che il presidente del Consiglio ha rilasciato oggi al Sole 24 Ore, c’è un passaggio che mi ha molto colpito ed è questo:
“Io non credo che chi governa debba necessariamente scontentare: questa è una visione octroyée della democrazia, una concezione per la quale c’è un’aristocrazia che dirige e un popolo che non capisce, un’aristocrazia che sa qual è il bene e governa senza coinvolgere il popolo. Noi, al contrario, dobbiamo coinvolgere il popolo e io oggi sento che il Paese è coinvolto, la gente mi dice ‘andiamo avanti’. L’establishment che storce il naso è lo stesso che ha portato il Paese in queste condizioni”.
Lasciamo stare la questione del popolo, uno degli argomenti principali di Renzi e di alcuni suoi ministri di fronte alle critiche che vengono rivolte al governo (“Ci hanno votato undici milioni di persone”). Renzi è arrivato a Palazzo Chigi proprio perché aveva detto che c’era da scontentare qualcuno. E nei suoi interventi alla Leopolda aveva detto che i leader sono tali – “leader non follower”, secondo manuale del perfetto motivatore aziendale – se sanno prendere scelte impopolari. Un esempio, diceva Renzi? La riforma sanitaria di Barack Obama. Perché ciò che non era “octroyée” un tempo lo diventa adesso? Nessuno naturalmente si è mai augurato che Renzi prendesse a badilate il famoso popolo, ma se uno vuole colpire “le rendite di posizione” (vecchio e giusto pallino renziano), come si può pensare di non scontentare? Dottor Matteo e mister Renzi.