Quei giornalisti inaffidabili
Da un paio di giorni si parla molto dell’email inviata da Nicola Biondo, uno dei due coordinatori della comunicazione del M5S in Parlamento (lui sta alla Camera, al Senato invece c’è Claudio Messora, che oggi lo critica sulla Stampa, in un’intervista a firma di Andrea Malaguti). In effetti, fa impressione leggere il passaggio sui giornalisti “che si sono dimostrati inaffidabili” solo perché fanno il proprio mestiere, che è quello di raccontare storie e fatti avvicinandosi il più possibile alla verità; lo dico laicamente e senza pulsioni travagliesche, sia chiaro, perché credo che nessuno possa spogliarsi della propria individualità e del proprio vissuto. Non si è mai del tutto oggettivi quando si scrive.
Le black list – scritte od orali – sono pessime, assomigliano a un marchio (l’ottimo Malaguti, per la cronaca, pare che sia fra i “cattivi”). La cosa paradossale è che spesso questi elenchi vengono “scritti” (in realtà non c’è bisogno di scriverli, basta il passaparola) da quelli che si fanno fautori della libertà di stampa, del merito, da quelli che sulla carta sembrano i più fighi di tutti, più controcorrente, perché pronti a schierarsi sempre all’opposizione, contro il potere dei soliti noti.
In questo (e non solo in questo), il Movimento 5 Stelle non si distingue dagli altri partiti. Già, perché mica penserete che soltanto i follower di Beppe Grillo si siano messi lì a dire “questo giornalista va bene, quest’altro no”? Lo fanno tutti i partiti e tutti i leader (“Lui è dei nostri!”), anche quelli più illuminati, che passano le loro giornate a dirci come vorrebbero cambiare in meglio l’Italia, salvo poi dimostrare che anche per loro l’unico giornalista buono è il giornalista “affidabile”, cioè quello che si trasforma in un portavoce.
@davidallegranti