«La tecnocrazia è un’illusione», dice da Empoli
Per il Corriere Fiorentino ho intervistato Giuliano da Empoli sullo scenario politico dopo queste amministrative. Quella che segue è la extended version dell’intervista uscita oggi su carta.
Come analizza la débacle del Pdl?
«È un’illusione ottica. Siamo in una situazione quasi identica a quella del 1993. E se si pensa che a Palermo c’è pure Orlando le analogie si fanno inquietanti. Nel ’93 il discredito dei partiti e del sistema politico era a livelli altissimi, c’era il governo tecnico e il Pds era l’unico partito rimasto in piedi con una sua forza riconosciuta e visibile. Il centrodestra non esisteva e non esisteva neanche un polo moderato. Ma dalle elezioni della primavera 1994 in poi, il polo moderato è risultato essere tendenzialmente maggioritario. Oggi lo schieramento di centrodestra è in una fase di scomposizione e dopo questa tornata amministrativa appare allo sbando, ma è destinato a ricomporsi in una qualche configurazione, visto che è in corso un grandissimo rimescolamento dagli esiti ancora non riconoscibili, tenuto anche conto del livello di astensione. E mi sembrerebbe un’illusione immaginare che questo sia lo stato delle forze in atto da trasporre alle elezioni politiche».
Che futuro vede per il Movimento 5 Stelle di Grillo?
«Esiste un’espressione sudamericana per definire movimenti di questo tipo: Hablar en cacerolio; sono quelli che sbattono le casseruole. Se Grillo è bravo riuscirà a strutturarsi, potrebbe essere un equivalente degli anni Dieci di quello che è stato Di Pietro, che è riuscito a diventare una forza strutturata e organizzata».
Ma è tutta colpa dei partiti?
«Non soltanto. Abbiamo una situazione in cui c’è un governo sostanzialmente senza opposizione politica. Non esiste una dialettica fra il governo e l’opposizione che canalizzi una serie di pulsioni. Si sta creando un’atmosfera plumbea; c’è l’illusione tecnocratica per cui si può stare senza una dialettica politica normale. Tutti questi fenomeni, che sono diversi tra di loro, dalla disperazione degli imprenditori, alle proteste contro Equitalia, al drammatico attentato a Genova, che sembra passato in secondo piano, a Grillo — tutte cose che, ripeto, sarebbe semplicistico mettere nello stesso calderone — sono mostri che nascono dall’assenza della politica».
Il Pd esulta per la vittoria di Hollande in Francia come se avesse vinto in Italia.
«Bersani è come il cinese che aspetta i cadaveri che passano sulla riva del fiume. È passato Berlusconi, ora in qualche modo sta passando Monti. E s’illude, perché Bersani è come Hollande: non è un fenomeno politico incredibile, vince di risulta, semplicemente per l’autodistruzione di Sarkozy; per ragioni personali più che politiche. Hollande ha le stesse caratteristiche di Bersani: zero idee, zero carisma, ma se non altro ha fatto le primarie. E l’obiettivo modesto della classe dirigente del Pd è quello di ‘‘farsi un altro giro” – D’Alema agli Esteri, Veltroni presidente della Camera, Bersani vicepremier perché anche lui sa che non farà il premier. Ma alla luce del paragone con il ’93 e di quello che accadde a Occhetto, potrebbe non essere raggiunto».
Il Terzo Polo che fine fa?
«Onestamente oggi si riduce all’arrivo di Pisanu nell’Udc. Nonostante Casini si sforzi di presentarla con grande enfasi, non mi pare un’operazione per ora particolarmente forte. A maggior ragione con l’appeal del governo tecnico che sta calando».
E in questo scenario Matteo Renzi come si colloca?
«La Grecia è lo spettro di quello che succederà da noi, se va avanti il disegno Alfano-Bersani-Casini di una scialuppa di salvataggio con la legge elettorale proporzionale. Il clima che si sta configurando è come quello della Grecia: le forze di governo sono al 32 per cento e le forze estremiste di destra e di sinistra idem. In questo momento, quindi, si riapre molto visibilmente uno spazio per tutti quei soggetti e i personaggi politici che hanno una proposta al tempo stesso innovativa e credibile da portare avanti. Penso che Renzi sia uno di questi, qualunque sia lo scenario. Il Pd, intanto, non strappa un voto al campo moderato, ha difficoltà di selezione della classe dirigente, come si vede a Palermo e in tanti altri casi, vuole costruire una formazione socialdemocratica fuori tempo massimo. La notizia però è un’altra: non siamo più nello stato di sospensione della politica che ancora dominava fino a 3 mesi fa. Si riaprono spazi politici e sta terminando, come era prevedibile, l’illusione della tecnocrazia. Com’è giusto che sia».