I professori, Ginsborg e De Magistris
Ci sono professori e professori. Alcuni si mettono il loden, piangono, parlano di paccate di soldi, dicono che ci sono giovani sfigati (anziché bamboccioni) e stanno al Governo. Poi ce ne sono altri, più tendenti al velluto. Da ieri è online il sito www.soggettopoliticonuovo.it, nel quale si trova un manifesto firmato da alcuni prof, tra cui Paul Ginsborg (già animatore del Laboratorio per la Democrazia), Ugo Mattei (autore del libro «Beni comuni», pubblicato da Laterza), Paolo Cacciari, Luciano Gallino, Stefano Rodotà, Guido Viale e Alberto Lucarelli, assessore ai Beni comuni del Comune di Napoli e promotore del Laboratorio Napoli per una Costituente dei Beni comuni, citato nel documento come lungimirante esempio di democrazia partecipativa. Il documento prende spunto dalla vittoria di Luigi De Magistris a Napoli, uno dei primi a caldeggiare la nascita di una «lista civica nazionale», da quella di Giuliano Pisapia a Milano e dall’esito dei referendum sull’acqua. Tutte iniziative politiche in cui i movimenti sono stati fondamentali. E che oggi, al grido di «né vecchi partiti né leaderismi», intendono presentarsi sotto forma di lista civica. Il perché è spiegato all’inizio del manifesto: «Oggi in Italia meno del 4 per cento degli elettori si dichiarano soddisfatti dei partiti politici come si sono configurati nel loro Paese». Ed è «crescente l’impressione che i nostri rappresentanti rappresentino solo se stessi, i loro interessi, i loro amici e parenti». È forte insomma il sentimento antipartitico che anima il documento dei prof. Per i firmatari c’è un pezzo d’Italia lontana dal Palazzo, che non si sente rappresentato dai partiti attualmente in campo: gli operai, «che vedono giorno dopo giorno minacciati i loro diritti dentro la fabbrica», le commesse e i commessi «intrappolati nella catena della distribuzione», i giovani precari «spesso super-qualificati, vittime di una flessibilità selvaggia neoliberalista inizialmente introdotta dal centro-sinistra che ha tolto loro dignità e futuro». La colpa di questa condizione non è solo dei partiti, ma anche del liberismo, grazie al quale «abbiamo assistito al trionfo del privato, declinato in vari modi: consumismo, chiusura nell’interesse personale, familismo, evasione fiscale».
Per questo, dicono i professori, «sarebbe ora di riattivare e riapplicare quella rivoluzionaria intuizione del movimento delle donne degli anni ’60 e ’70: il “personale è politico”». «Oggi le decisioni sono sempre prese altrove — non a livello comunale ma regionale, non nel parlamento romano ma a Bruxelles, non a Bruxelles ma a Francoforte, non alla BCE ma dai “mercati”». Insomma: occorre ripartire dal basso, dalla «dimensione territoriale locale», «ridare spazio e poteri ai comuni, e metterli in contatto tra di loro», concetti già proposti dai benicomunisti della Rete dei Comuni per i beni comuni nata a Napoli. Ginsborg e gli altri vogliono sommare tutte queste esperienze per dare vita a un «soggetto politico nuovo», che sarà già in campo a partire dal mese prossimo: il 28 aprile ci sarà un primo incontro per parlare di contenuti, programmi, alleanze.