Mps, l’ora dei tecnici (e di Profumo)
È finita così, è finita che in sintonia con lo spirito, ah il mitico spirito dei tempi!, anche al governo del Monte dei Paschi sono arrivati i tecnici, con Alessandro Profumo pronto a incarnare la versione montepaschina del governo del Preside. Tre prof e un ragioniere indicati dalla Fondazione per il cda (e un banchiere, l’ex amministratore di Unicredit, per la presidenza) di Mps. Niente più avvocati boccoluti calabro-senesi insomma, adesso è l’ora del genovese Profumo. Naturalmente la partitocrazia – traduci: il Pd – non ha improvvisamente deciso di mollare la presa. E non potrebbe essere diverso da così: l’intreccio politico-finanziario è connaturato al cosiddetto “sistema Siena”. I prof quindi sono sì tecnici, ma restano comunque “d’area”.
E i partiti continuano a litigare per avere i loro strapuntini. Per dire, il Pdl ieri si è lamentato moltissimo perché nella distribuzione dei pani e delle poltrone non gli è toccato niente. La guerra interna al Pd invece sta lasciando strascichi che rischiano di essere piuttosto pesanti. Il presidente della Fondazione Gabriello Mancini, ex Margherita, che aveva presentato una sua lista per il cda, è stato battuto. In aperto dissenso, si è astenuto sull’indicazione di Profumo presidente, fortemente voluto dagli ex Ds, e soprattutto dal sindaco Franco Ceccuzzi, che da mesi chiede a Mancini di dimettersi e pronuncia una parolina particolarmente indigesta per gli ex Margherita: discontinuità. Cambio, rottamazione, chiamatela come volete. Il senso è: a casa. Un altro presidente, sconfitto in casa così platealmente (è la Fondazione a controllare Banca Mps; se il presidente dell’ente che controlla la banca è contrario all’indicazione che viene fatta del presidente della stessa banca c’è qualcosa che non torna, no?) si sarebbe con ogni probabilità già dimesso. Invece Mancini insiste e spiega che resterà sullo scranno fino alla naturale scadenza del suo mandato, cioè fino al prossimo anno. Ma la sconfitta di Mancini non è l’unica per l’ex Margherita. Hanno perso anche due i fratelli Monaci, Alfredo e Alberto, il primo presidente di Biverbanca, e membro del cda in scadenza, il secondo presidente del Consiglio regionale della Toscana. Alfredo era stato proposto come vicepresidente della Banca e invece, alla fine, non solo non è stato indicato vice di Profumo ma non è stato neanche confermato nel cda. Comunque, lo stato di salute del Pd senese sarà facilmente verificabile in Consiglio comunale, dove i fratelli Monaci hanno sei consiglieri su 15 totali. Pronti a farsi venire un bel maldipancia quando c’è da votare gli atti della giunta.