Io, i rifiuti, e Roma
A casa mia si sente la puzza. Nei giorni di vento soprattutto, un odore cattivissimo, sottile e acre, come di roba lasciata marcire al sole. La ragione di questa puzza è una discarica che si trova a un chilometro in linea d’aria dalle mie finestre: un deposito di raccolta, smistamento e trattamento a via Salaria 981, a Roma. Ma io non sono quello messo peggio. Ci sono case che si trovano a cinquanta metri dalla discarica, c’è un asilo nido a cento metri.
Le proteste contro la discarica di Villa Spada sono iniziate nel 2011. Qui per esempio ce n’è uno del 9 settembre 2011 e a un certo riporta una voce di un abitante del quartiere:
Fino a pochi mesi fa quello di via Salaria 981 era solo un normalissima rimessa di mezzi dell’Ama e per la loro pulitura e manutenzione, poi da giugno abbiamo cominciato a sentire strani odori che si sono fatti sempre più forti fino a rendere la vita nella zona impossibile. I miasmi hanno anche provocato malori a diversi cittadini, dopo che le istituzioni e l’Ama non ci hanno dato nessuna risposta per tutta l’estate abbiamo deciso di fare questa grande assemblea per pretendere chiarezza su quello che sta succedendo e poi come si può pensare di fare una discarica in un centro densamente popolato dentro il raccordo anulare?
Nel 2011 al Campidoglio governava Gianni Alemanno; il presidente della Commissione Ambiente di Roma Capitale era Andrea De Priamo del Pdl che minimizzava:
Sarebbe il caso di evitare strumentalizzazioni e inutili allarmismi sull’impianto Ama di via Salaria – ha detto – l’azienda ha più volte ribadito che, dalle verifiche effettuate ogni anno dall’Istituto tossicologico Mario Negri, non è emerso alcun tipo di impatto ambientale sulla zona.
I rappresentanti dell’opposizione Pd erano invece furibondi:
I cittadini che hanno sopportato per mesi meritano di poter tirare il fiato in attesa di essere rassicurati. Non si può continuare a prenderli in giro come fatto negli ultimi mesi. Altri guai in arrivo per il sindaco Alemanno che è anche Commissario straordinario per i rifiuti: mentre Malagrotta sta per chiudere quello che sta accadendo a Via Salaria sembra un tampone alla crisi legata alla gestione dei rifiiuti della Capitale, crisi pagata dalla salute e dal benessere dei cittadini.
Oggi le parti sono invertite. Cristiano Bonelli, ex-presidente del Municipio, ora all’opposizione nell’NCD, si è preso a cuore questa battaglia, e almeno un paio di volte al mese sta con il megafono in mano a guidare i mini-cortei, i sit-in, e le altre manifestazioni che i comitati formali e informali o i cittadini semplicemente esasperati organizzano. L’obiettivo polemico è chiaramente il sindaco Marino e l’assessore all’Ambiente Estella Marino, la quale oggi si prende il suo turno per minimizzare. Il 25 luglio per esempio rilasciava questa dichiarazione:
In settimana insieme a Paolo Marchionne e Gianna Le Donne, Presidente e Assessore all’Ambiente del Municipio III, incontreremo i comitati del tavolo partecipativo per la zona di Villa Spada. L’incontro, dopo quello dello scorso 8 maggio, vuole proseguire l’impegno dell’Amministrazione nella ricerca di soluzioni per diminuire l’impatto olfattivo sulla zona, anche grazie ai diversi sopralluoghi del Dipartimento Tutela Ambientale.
Diminuire l’impatto olfattivo è un interessante eufemismo che si ritrova pari pari nel comunicato dell’Ama del 29 luglio:
Ama comunica che ad agosto sarà effettuata la manutenzione straordinaria del sistema di aspirazione del locale di ricezione dei rifiuti presso l’impianto di Trattamento Meccanico Biologico dei rifiuti indifferenziati di via Salaria 941. Tale intervento sarà consentito anche grazie alla fisiologica diminuzione dei rifiuti prodotti nella Capitale nel periodo delle ferie. L’intervento, programmato già da tempo, rientra in un articolato piano di iniziative predisposte dall’azienda per diminuire l’impatto olfattivo sulla zona. Nell’arco degli ultimi due anni sono stati svolti altri interventi strutturali all’impianto che hanno permesso di migliorare l’arredo esterno (con barriere arboree e fonoassorbenti), la logistica, la movimentazione dei mezzi e le operazioni di trasbordo dei rifiuti, apportando evidenti benefici alla qualità ambientale dell’area.
Mettere una discarica a cinquanta metri da delle case e cento metri da un asilo nido – lo capirebbe bene anche un amministratore di una casa dei Lego – è una stronzata, un atto demente da qualunque punto di vista, ambientale, logistico, civile, morale. In questo caso la demenza amministrativa sta nell’aver trasformato un ex-deposito Atac in un deposito Ama e quindi in una discarica e nel rivendicarla come una soluzione possibile per oggi, da rivedere, da ripensare, da piantarci intorno barriere arboree e fonoassorbenti.
Come tutte le battaglie che si definiscono nimby sono in pochi ad appassionarsi a questa. Se dal 2011 a oggi, pochissimo è mutato è anche dovuto al fatto che è questo pezzo di cittadinanza si fosse dovuta semplicemente auto-organizzare, auto-raccontarsi, coordinare gruppi su facebook, etc… con una tigna che, come spesso accade in questi casi, qualcuno spera che declini in stanchezza e rassegnazione. Così a dispetto delle retoriche della partecipazione, della politica vicina ai cittadini, di fatto la protesta di Villa Spada è rimasta inascoltata, e iporappresentata.
Ma c’è un paradosso in più in questa storia anche banale e molto istruttiva: la discarica è situata a circa cento metri dal palazzo di Sky (via Salaria 1021) e a duecento dal palazzo della Rai (via Salaria 1041). Chi ci lavora sente la puzza tutti i giorni, probabilmente protetto solo dai filtri dell’aria condizionata. Se alle sette di sera, ti presenti alla fermata davanti all’uscita, li vedi uscire i gruppi di impiegati che hanno appena finito di montare un serivizio sulla questione ambientale al largo dell’Australia con uno straccio davanti alla faccia aspettando il Cotral. Eppure. Eppure questa storia è stata trattata con la sordina da Sky o dalla Rai. Se chiedi di entrare alla Rai e lasciare i fogli della petizione, ti dicono che non si può, che agli impiegati è stato detto di non firmare. Se chiedi a quelli di Sky di farsi una foto con i cartelli di protesta, declinano l’invito.
E allora uno si chiede: a che serve informare, fare cinquanta flash di news quotidiane fino a rendere compulsivo il nostro bisogno di informazione da consumare così come la nostra indignazione, se poi quando sei tu che devi impegnarti politicamente fai un passo indietro? Non è assurdo questo cortocircuito inutile tra politica e informazione? Se da una parte vediamo spesso un legame addirittura incestuoso tra l’una e l’altra, esistono poi questi casi in cui l’una diventa l’alibi dell’altra – ed entrambe sono solo il feticcio di quello che dovrebbero essere. È chiaro che oggi la questione dei rifiuti dovrebbe diventare un tema prioritario in un’agenda politica urbana, un item da non lasciare a quella gestione delle emergenze come quella che pare si riproponga in questi giorni, con rimpalli di responsabilità tra sindaco, prefetto e Ama; un modello di gestione che ha di fatto incoronato Manlio Cerroni – “l’avvocato”, il patron di Malagrotta, l’amico dei politici, il proprietario dell’emittente privata Roma Uno, da gennaio agli arresti domiciliari – come il salvatore della città nei moltissimi momenti in cui sembrava che Roma dovesse scoppiare d’immondizia (la serie di interviste che ha rilasciato un paio di mesi fa al Tempo sono molto istruttive).
La responsabilità di aver deciso di trasformare il deposito di camion di via Salaria in una discarica e in un centro di trattamento rifiuti è di quattro amministrazioni regionali: prima Badaloni, poi Storace, poi Marrazzo con parentesi Montino, e infine Polverini. Quattro amministrazioni, due di centrosinistra, due di centrodestra, che si sono adeguate a un’inerziale non-pensiero sulla qualità di vita in una città. Quello è per me ha dell’incredibile è che il consenso che tutti e quattro questi ex-presidenti della Regione hanno avuto se lo sono conquistato proprio in battaglie di cittadinanza attiva, capitalizzando un po’ di populismo televisivo per rinnegarlo allo stato dei fatti.
Insomma per me è molto chiaro come invece politici e giornalisti hanno buon gioco a soffiare sul fuoco delle emergenze ma – per assenza di studio, per mancanza di immaginazione, per indolenza civica – restano muti di fronte alle domande strutturali, sui modelli di vita, sulle relazioni tra governo e partecipazione, su cosa vuol dire fare un’educazione all’ecologia. La questione della discarica di Via Salaria è una questione da risolvere oggi, ma per cambiare la mentalità degli amministratori locali ci vorranno almeno un paio di generazioni.