domenica 23 Marzo 2025

Vediamo chi non comanda

Ma facciamo un piccolo riassunto della questione di cui sopra, a costo di essere noiosi per i più assidui lettori di questa newsletter, per poter dare un aggiornamento di questa settimana. La principale questione intorno ai destini dei giornali tradizionali in questi anni digitali è stato il conflitto tra gli editori e le piattaforme digitali suddette, in particolare Google e Meta. Queste ultime si sono molto arricchite, mentre le aziende giornalistiche si sono molto impoverite: le due cose sono in parte in relazione e in parte no, ma le aziende giornalistiche hanno forzato il rapporto di causa ed effetto per sostenere che le piattaforme digitali debbano loro un compenso. La tesi è che Google e Meta guadagnino dalla circolazione sulle proprie pagine di contenuti prodotti dai giornali, e che quindi siano “in debito”. Google e Meta sostengono invece di aiutare a promuovere e far circolare i contenuti giornalistici, e quindi di aiutare già le aziende giornalistiche. Ma siccome queste ultime hanno un potere di lobbying ancora piuttosto forte nei confronti delle istituzioni legislative democratiche (ma come diciamo sopra, le cose stanno cambiando, almeno negli Stati Uniti), a un certo punto Google e Meta hanno accettato di offrire alle aziende giornalistiche (soprattutto alle più potenti) dei compensi, motivandoli come un proprio benevolo sostegno al giornalismo e non come una retribuzione. Le richieste però sono proseguite, e Google e Meta hanno allora iniziato a rispondere con le cattive, minacciando di eliminare i contenuti giornalistici dalle proprie pagine, o arrivando farlo, in alcuni paesi.

In questo contesto lo scorso novembre Google ha avviato un esperimento in alcuni paesi europei, che avevamo raccontato su Charlie: ” Per verificare quanto i contenuti di news siano importanti per gli utenti di Google e fornire dei dati alle istituzioni europee, Google cancellerà dai risultati delle ricerche stesse, da Google News e dall’aggregatore di news Discover gli articoli prodotti in paesi dell’Unione Europea, per un campione di utenti: l’uno per cento degli utenti in Belgio, Croazia, Danimarca, Francia, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia e Spagna.

L’esperimento servirà a valutare come porsi rispetto alle crescenti richieste di compensi economici da parte dei giornali per il traffico generato dai loro contenuti su Google”.

Adesso Google ha annunciato dei risultati di quell’esperimento, e – non ci si meraviglia – sono dei risultati che dicono: “i contenuti dei giornali sono insignificanti per i nostri ricavi”. E che sottintendono: “piantatela col chiedere soldi che non vi dobbiamo”. E che aggiungono: “vi daremo ancora dei soldi, ma lo decidiamo noi e solo perché siamo buoni”.

” Ecco i risultati: i contenuti di notizia europei nella Ricerca non hanno alcun impatto misurabile sui ricavi pubblicitari di Google.
In base allo studio, con la rimozione di questo tipo di contenuti non ci sono stati cambiamenti nelle entrate pubblicitarie derivanti dalla Ricerca Google e l’utenza ha registrato un calo inferiore all’1% (0,8%), il che indica che qualsiasi utilizzo perso è stato dovuto a query che hanno generato entrate minime o nulle. Oltre a questo, lo studio ha evidenziato che le entrate pubblicitarie combinate tra le proprietà di Google, inclusa la nostra rete pubblicitaria, sono rimaste invariate.
Le persone utilizzano Google per numerose attività, dalla ricerca di un fiorista alle previsioni del tempo, fino alla prenotazione di un volo. Questo studio ha dimostrato che questa tendenza rimane invariata, anche quando l’utilità di Google è ridotta rispetto alla ricerca di notizie. In ogni caso, supportiamo da tempo l’ecosistema delle notizie nella sua trasformazione digitale come parte del nostro impegno per un ecosistema di contenuti vivace e sano. Continueremo a collaborare con gli editori per aiutarli a raggiungere il loro pubblico in un panorama tecnologico in rapida evoluzione ” .

(la traduzione fa un po’ schifo, ma è di Google: l’originale è qui)

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