domenica 28 Gennaio 2024
Sembra che non si sia mai interrotto, da quando esiste Charlie, il periodo di “crisi dei giornali americani”, che è un tema ricorrente di queste cronache e che rischia ripetizioni, ma dà anche occasioni di raccontare casi diversi e notevoli, storie di giornali importanti, questioni particolari di quello che sta succedendo al giornalismo in tutto il mondo.
Questi ultimi giorni però hanno effettivamente ospitato una concentrazione eccezionale di nuove complicazioni e sintomi di difficoltà: grosse quote di licenziamenti hanno riguardato testate le più diverse per storia e natura, il Los Angeles Times, Sports Illustrated, Forbes, Time; le crisi stanno generando frequenze di scioperi mai viste nelle redazioni statunitensi; altre testate locali o online vengono chiuse. Tanto che, insieme ai quotidiani report su questi singoli sviluppi, nei giorni scorsi sono stati pubblicati allarmati bilanci generali su due testate importanti come il New York Times e il New York Magazine.
“The recent bad news is, in some ways, a continuation from last year. In 2023, Business Insider, The Los Angeles Times and NPR cut at least 10 percent of their staffs; the news division of BuzzFeed was shut down; News Corp cut 1,250 people; National Geographic laid off its remaining staff writers; Vox Media went through two rounds of layoffs; Vice Media filed for bankruptcy; Popular Science shut its online magazine; and ESPN, Condé Nast and Yahoo News all cut jobs”.
Intanto Ben Smith, il fondatore del sito Semafor e probabilmente il più noto giornalista che si occupa di giornali nel mondo, ha intervistato il nuovo CEO del Washington Post – Will Lewis, che abbiamo già citato nel prologo – il quale propone un nuovo ordine di idee di maggiori sperimentazioni per raccogliere il contributo economico dei lettori, perché secondo lui il modello delle “subscriptions” così com’è non è già più sufficiente.
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