domenica 2 Giugno 2024

TPI, che diffida della transizione digitale

The Post Internazionale (poi abbreviato in TPI), pubblicato dalla società omonima, è una testata giornalistica fondata, tra gli altri, da Giulio Gambino che ne è tuttora direttore, e da Stefano Mentana, vicedirettore. Il sito cominciò a pubblicare nel 2010 e poi si strutturò e trasformò in testata giornalistica nel 2012, e dal 2021 pubblica anche una rivista cartacea, prima settimanale e poi diventata quattordicinale. Gambino ha 37 anni e spiega che TPI adesso è tre cose: «un sito, una rivista e una pagina Instagram. Il sito si regge sulle sue gambe con l’advertising e non ha modelli di sottoscrizione o abbonamenti a pagamento perché non mi hanno mai convinto fino in fondo come opzione, tenuto conto delle attuali condizioni che ostacolano una completa transizione al digitale. Per noi Instagram è un portento di informazione, attualità, analisi che ha, in parte, preso il posto del sito perché la maggior parte delle persone sta lì sopra».

Nel settembre 2021 nacque la rivista cartacea omonima: «è una boutique dell’informazione, costa 4,50 €, con un target di pubblico più adulto. Siamo partiti con una grande aspirazione, forse ambiziosa, però è stato un esperimento di successo perché comunque è in piedi e vive: oggi escono 22 numeri l’anno, abbiamo ridotto le pubblicazioni perché ci siamo resi conto che così è più sostenibile, con una periodicità che si incontra meglio con l’esigenza del lettore, e con tempi di lettura più lenti. La rivista vende 4-5 mila copie a seconda dei numeri con una tiratura di circa 9-11 mila e quindi abbiamo un reso che può essere intorno al 55%-60%: tra le vendite rientrano sia gli acquisti individuali dei lettori in edicola, sia gli acquisti multipli da parte di enti, aziende, istituzioni. Alle vendite in edicola si aggiungono gli abbonamenti digitali che sono circa mille: avevamo anche quelli cartacei ma abbiamo dovuto eliminarli perché costavano troppo di spedizione. La rivista da un anno è al punto di break-even [è in pareggio tra costi e ricavi, ndr] grazie alle vendite; e poi grazie a pubblicità, contenuti ed eventi riusciamo a fare margini che altrimenti non sarebbero arrivati. Su tutti i nostri canali cerchiamo di fare informazione di qualità, sul sito e su Instagram facciamo buoni numeri però l’attenzione dei grandi sponsor è minore rispetto alla rivista cartacea che finisce in tutti i tavoli istituzionali e in tutte le rassegne. In assoluto e nel complesso non sono soddisfatto delle vendite della rivista. Però per noi aver intrapreso questa operazione è stato fondamentale perché nei siti vedo minor potenziale di sviluppo, al momento, anche per questa rivoluzione digitale che in Italia non è mai avvenuta e che forse potrà avvenire solo quando i grandi editori decideranno tutti di andare sul digital».

Negli ultimi anni è aumentato il fatturato di The Post Internazionale, passando da circa 700 mila euro nel 2020, a un milione nel 2021 e quasi 1,5 milioni nel 2022: «il ricavato della rivista pesa circa 900 mila euro, il fatturato complessivo del 2023, che deve ancora uscire, sarà di circa 1,6-1,8 milioni. Le altre fonti di entrata principali arrivano dal digitale, sito, ed eventi. Le maggiori voci di spesa sono stampa, distribuzione, personale: in redazione ci sono una decina di dipendenti assunti e diversi altri collaboratori».

Nel 2020 e nel 2021 il giornale è stato in perdita (di circa 110 mila e 130 mila euro), «principalmente a causa degli investimenti che abbiamo realizzato per il lancio della rivista cartacea», e tornato in utile nel 2022 (di circa 80 mila euro): «non è l’utile il mantra di una società così piccola, non saprei dire se avremo ancora utili o meno nei prossimi anni, sicuramente la rivista ha dato linfa vitale. Senz’altro c’è stato un periodo nel quale abbiamo avuto difficoltà, nel 2020».

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