domenica 5 Maggio 2024
Mediapart è un sito d’inchiesta francese spesso celebrato negli anni passati dai giornalisti dei giornali tradizionali, perché è un caso piuttosto raro di nuovo progetto digitale costruito da giornalisti professionisti e con esperienze novecentesche che hanno trovato il coraggio di provare un esperimento di autonomia e che sono riusciti a farlo funzionare (il più noto tra i fondatori, nel 2008, fu Edwy Plenel, che era stato direttore del quotidiano Le Monde): e che ha fatto della predicazione di fiducia e trasparenza coi lettori uno dei fattori più efficaci per costruirle, fiducia e trasparenza. Quindi la scorsa domenica il sito ha pubblicato un articolo battagliero in cui si spiega che «nel marzo 2024, Mediapart avrebbe dovuto ricevere una somma consistente in cambio dell’utilizzo da parte di Google dei nostri articoli, e quindi delle nostre informazioni esclusive, sul suo motore di ricerca. Ma in mancanza di trasparenza [da parte di Google], abbiamo impedito che il bonifico arrivasse sui nostri conti»
«Dato il legame di fiducia con i nostri abbonati, che garantiscono la quasi totalità delle nostre entrate (98%), e il fatto che pubblichiamo i nostri conti ogni anno, ci sembrava inconcepibile incassare anche il più piccolo centesimo, per quanto legittimo»: Mediapart contesta che gli accordi per i compensi da Google – obbligati dalla legge francese – prevedano un obbligo di riservatezza sulle cifre concordate, impedendo di comunicarle ai lettori e di poterle usare come standard per delle trattative condivise tra le varie testate. La legge francese è quella, tra i paesi europei, ad aver applicato con maggiore severità una direttiva europea sui diritti d’autore, cercando di riequilibrare il rapporto tra le piattaforme digitali e i media, favorendo quest’ultimi: a marzo l’antitrust francese aveva multato Google per 250 milioni per non aver rispettato alcuni accordi con gli editori dei giornali.
In tutto il mondo gli editori di giornali stanno chiedendo compensi alle grandi piattaforme digitali per l’uso dei loro contenuti: le richieste hanno qualche fragilità e spesso accordi vengono raggiunti, ma principalmente tra le piattaforme e gli editori maggiori e con più forza contrattuale, a scapito dei siti di news più piccoli o più indipendenti. Mediapart aggiunge: «a differenza dei media che hanno optato per un approccio “ognuno per sé” firmando accordi individuali» contestando, per esempio, la scelta di Le Monde di fare propri accordi con OpenAI, azienda nota per aver sviluppato lo strumento di intelligenza artificiale generativa ChatGPT, «crediamo che solo un fronte unito di operatori del settore sarà in grado di influenzare le multinazionali che, senza una legislazione, continuerebbero a saccheggiare i nostri articoli», e che «di fronte agli attuali eccessi monopolistici, che colpiscono soprattutto le strutture più piccole e indipendenti, la regolamentazione non può più essere rimandata».
I compensi che Mediapart ha deciso quindi di rifiutare non saranno restituiti ma resteranno in possesso di un organismo creato per gestire le contrattazioni collettivamente.
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